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I nuovi Levi’s plant-based si interrogano sulla relazione tra denim e sostenibilità

Abbiamo davvero bisogno di un nuovo paio di jeans?

I nuovi Levi’s plant-based si interrogano sulla relazione tra denim e sostenibilità  Abbiamo davvero bisogno di un nuovo paio di jeans?

Quest’estate, in occasione del 150esimo anniversario degli iconici Levi’s 501, il brand ha debuttato sul mercato un paio di jeans plant-based, a base vegetale in misto canapa-cotone. L’annuncio è stato inizialmente accolto benevolmente dai clienti Levi’s, che sui social si sono dimostrati interessati alla nuova tecnologia, seguiti poi da alcuni scettici («Ma il cotone non è una pianta?»). Questo nuovo prodotto Levi’s rappresenta certamente un passo in avanti nel settore della moda circolare, ma il denim, un materiale famoso per la sua durevolezza, è da anni al centro di dibattiti accesi sull'effettiva sostenibilità dei brand che lo producono. È necessario continuare a creare jeans  per venderli in modo sostenibile? O serve attuare un piano di gestione dell’usato per garantire un vero e proprio ciclo di vita circolare? 

I nuovi jeans plant-based Levi’s 

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Realizzati con il 97% di materiali di origine vegetale, cotone organico certificato, coloranti naturali come l’indaco vegetale, black patch (di solito in pelle) di composizione biologica e creato senza scarti, e inchiostro derivato dagli scarti del legno, la nuova proposta Levi’s sfida i brand produttori di fibre sintetiche a riconsiderare le proprie pratiche. Sebbene, di questa nuova collezione, i jeans plant-based siano quelli che hanno suscitato l’interesse dei più online, ciò che dimostra un vero slancio verso il futuro del denim da parte di Levi’s risulta essere il 501 circolare, un modello che aveva già messo piede sul mercato nel 2022, realizzato in fibre di cotone organico Circulose, ossia un denim derivato da jeans riciclati dall’azienda Renewcell. Prendendo vecchi paia di pantaloni, eliminandone le parti in poliestere e aggiungendo dettagli in cotone organico- fili, etichette e tasche altrimenti creati in fibre sintetiche - Levi’s non solo dà nuova vita ai jeans, ma li trasforma in materiali riciclabili. «Nel nostro lavoro di ricerca e sviluppo,» ha spiegato Una Murphy, Design Innovation Director di Levi’s, «ci sforziamo di migliorare le pratiche di design e di preservare le risorse ambientali in ogni modo possibile. Incorporando l'innovazione sostenibile in tutti i prodotti, impariamo cosa è possibile fare e come cercare di risolvere alcune delle più grandi sfide ambientali.» 

Denim e sostenibilità, dati a confronto 

L’impatto ambientale della produzione del denim resta un capitolo centrale nella lotta ambientalista per una moda più responsabile. Il primo problema legato alla creazione di jeans risulta essere il processo di tintura e di finissaggio, un trattamento chimico che contribuisce gravemente agli sprechi globali di acqua ed energia, allo scarico di materie nocive nell’ambiente e all’emissione di gas a effetto serra. Vengono prodotti circa 600 mila tonnellate di coloranti l’anno, e solo nel caso del denim la metà richiede tinture sintetiche. A questi si aggiunge inoltre lo spreco d’acqua: l'indaco, il più usato per il denim, richiede fino a 50 tonnellate di acqua per milione di metri nel processo di fissazione del colore - ogni anno, in media, vengono prodotti 2,7 miliardi di metri di denim. Risulta evidente la necessità da parte di brand come Levi’s di continuare la ricerca per pratiche sostenibili di gestione dell’usato e del vintage, l’unico modo per limitare inutili sprechi di risorse. In breve, più denim verrà salvato dalle discariche a cielo aperto di rifiuti tessili che governano le coste del nostro pianeta, più tempo avremo per indossare i nostri jeans preferiti.