Con la sua ultima collezione Zegna va oltre il quiet luxury
La Milan Fashion Week si è chiusa con uno show monumentale il cui protagonista è stato il lino
20 Giugno 2023
È curioso che, nel suo statement rilasciato alla stampa in occasione dello show SS24 di Zegna, Alessandro Sartori abbia parlato di un «guardaroba efficiente», dato che proprio un’idea estetizzata di efficienza pare aver guidato la creazione di questa nuova collezione estiva con cui si è chiusa la Milan Fashion Week maschile. Come sempre, con Zegna, materia prima, design e risultato finale esistono senza soluzione di continuità – l’uno genera l’altro in una progressione geometrica. Lo stesso set design dello show, una muraglia di balle di lino che incastonava la passerella all’interno di Piazza San Fedele, era costituito da quelle materie prime che, a show finito, sarebbero state nuovamente spedite in fabbrica per diventare nuovi abiti. Quanto agli abiti, proprio in questa collezione si è visto come l’approccio al design di Alessandro Sartori, con le sue proporzioni, la sua silhouette, il suo virtuosistico minimalismo, sia in grado di far proprio ogni capo di quel guardaroba tradizionale che è stata la precisa volontà del direttore creativo reinventare per creare un vocabolario proprio, iper-riconoscibile e inter-generazionale.
Pur rimanendo nel campo di un’eleganza armoniosa e classica, infatti, la collezione che ha sfilato oggi non recava tracce di nostalgie del passato o di ansie del futuro – era, piuttosto, profondamente contemporanea e del tutto presente nel momento. La brillantezza del lavoro sta nella sua apparente semplicità: da squadrata la silhouette si arrotonda e si ammorbidisce, pur rimanendo scultorea nel suo definire il corpo. Tanto i volumi che le consistenze suggeriscono un’idea di incredibile compattezza e di ariosità insieme mentre il senso proprio del lusso viene comunicato tanto dall’architettura dei capi stessi quanto dai loro materiali che, lavorazione dopo lavorazione, Sartori ha fatto quasi cantare dimostrando la grande maestria dell’atelier di Zegna nel produrre ora tessuti che paiono impalpabili, altri densi e strutturati, altri invece porosi. Il diavolo si nasconde nei dettagli e qui, dunque, si deve andare a cercare la traccia dell’estro: dalle overshirt di pelle sottilissima alle massicce slip-on, dalle giacche decostruite con un bottone al collo e uno in vita fino alle cinture asimmetriche, passando per le maglie girocollo iper-sottili, i bomber larghi e spioventi, le polo inmaglia, le camicie simili a un kimono.
Più si guarda da vicino più ogni dettaglio ha senso – e, cosa rarissima di questi tempi, non c’è nulla in questa collezione che appaia derivativo, ordinario o inutilmente eccentrico. Tutto è riconoscibile ma tutto è originale – Sartori sembra aver trovato la chiave per rimarcare la nuova identità del brand senza però risultare ripetitivo ma soprattutto riuscendo a far proprio ogni pezzo del guardaroba senza riprenderlo dal passato. Il suo anelito verso un guardaroba modulare, linearizzato, moderno non solo ha dimostrato che un brand classico come Zegna può librarsi a grandi altezze espressive giocando, più che sul fragile balocco dell’emotività, sull’audace sobrietà di una visione, su un’esecuzione misurata e rigorosa. In questo senso, con questo show, il brand è andato oltre i limiti un po’ asfittici del quiet luxury che altri brand provano a evocare, con esiti per altro assai alterni, per andarsi a costruire uno status e uno spazio autonomi che non solo rappresentano quell’idea di guardaroba completo e a tutto tondo ma appaiono radicalmente nuovi, forse privi di logo ma dall’identità inequivocabile.