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Per i designer le parole sono importanti

Breve storia del screen print suit da Martin Margiela a Pierpaolo Piccioli

Per i designer le parole sono importanti  Breve storia del screen print suit da Martin Margiela a Pierpaolo Piccioli
Valentino SS24
Off White SS23
Louis Vuitton FW23
Louis Vuitton FW23
Yohji Yamamoto FW21
Yohji Yamamoto FW17
Junya Watanabe x Levi's SS10
Junya Watanabe x Levi's SS10
Martin Margiela SS99
Martin Margiela SS99
Martin Margiela SS99

«Le parole sono importanti!», ammoniva Nanni Moretti in uno dei suoi indimenticabili film: Palombella rossa. Sicuramente lo sono per Pierpaolo Piccioli che per mettere in scena la sua visione della mascolinità svincolata da qualsiasi preconcetto storico-sociale ha preso in prestito le parole di Hanya Yanagihara, scrittrice e giornalista statunitense  nonché autrice del romanzo bestseller Una vita come tante. Durante la presentazione di Narratives a La Statale di Milano, su di un blazer nero strutturato si legge «Siamo così vecchi che siamo tornati giovani», nel mentre l’autrice della citazione sorride in prima fila, ammirando le proprie parole su un capo d’alta moda. Perché la rivoluzione dei codici sartoriali secondo Valentino passa, anche, per le parole, un elemento ricorrente nelle creazioni di stilisti che nel corso della storia hanno provato prima a destrutturare e poi a ricostruire l'idea di identità maschile tramite il Screen Print Suit, dai Virgil Abloh a Martin Margiela passando per Junya Watanabe e Yohji Yamamoto.

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Yohji Yamamoto FW21
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Valentino SS24
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Off White SS23
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Louis Vuitton FW23
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Louis Vuitton FW23
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Yohji Yamamoto FW17

Per la FW23 di Louis Vuitton, le parole sono state un prezioso strumento per Colm Dillane e Ibrahim Kamara nella celebrazione dell'eredità artistica e culturale di Virgil Abloh. Completi strutturati con stampe giocose, slogan promettenti come ”bright vision” o “fantastic future”, un tripudio di colori: l’instancabile ottimismo di Abloh rivive in una collezione celebrativa del suo lascito. Nello stesso anno sempre Kamara (questa volta da Off-White™) ha approfondito le potenzialità dello screen print suit proponendo su un blazer in denim la stampa di un corpo sottoposto a raggi X. Tornando indietro di un ventennio, scopriamo che la moda d’avanguardia ha sempre giocato con le parole stampate, dagli slogan provocatori delle t-shirt grunge Number Nine di Takahiro Miyashita ai poem jeans nati dalla collaborazione tra Levi's e Junya Watanabe. Nel caso specifico delle parole stampate su blazer sartoriali come strumento di superamento delle categorie di genere, Yohji Yamamoto è da sempre stato un pioniere.

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Martin Margiela SS99
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Martin Margiela SS99
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Junya Watanabe x Levi's SS10
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Junya Watanabe x Levi's SS10
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Martin Margiela SS99

«Penso che i miei abiti da uomo stiano bene alle donne come i miei abiti da donna - ha dichiarato l'influente stilista giapponese Yohji Yamamoto al New York Times nel 1983 - mi chiedo sempre chi abbia deciso che ci debba essere una differenza nell'abbigliamento di uomini e donne». "Forget me not" si legge su un cappotto della SS04, la stampa "Will be back soon" fa capolino invece nella fw17, mentre per la FW21 le scritte si moltiplicano e si spezzano ricoprendo un completo due pezzi, frasi brevi, ermetiche, ammiccanti o evasive che decorano capi genderless rigorosamente neri. Probabilmente il primo a presentare un completo screen printed resta tuttavia Martin Margiela, nel lontano 1999. La sfilata spring-summer racchiudeva una sorta di greatest hits: le stampe trompe l'oeil facevano riferimento a quelle presentate per la primavera del '96, gli abiti da bambola a misura d'uomo erano una citazione rispetto all'autunno del '94 e i top dei manichini Stockman una reference alla primavera del '97, a chiudere la sfilata una stampa che percorreva il blazer nero e il petto nudo del modello: "This suit is yours sir".