Il Parlamento Europeo si è deciso ad affrontare il problema fast fashion
La nuova tabella di marcia sostenibile dell'UE
05 Giugno 2023
Dopo anni di rimostranze da parte degli ambientalisti, le istituzioni sembrano finalmente essersi accorte del problema fast fashion. Giovedì scorso, il Parlamento europeo ha adottato una serie di iniziative per promuovere la sostenibilità nell'industria della moda e per aiutare i consumatori a fare scelte più responsabili ed etiche, un importante passo avanti nel rafforzare la tabella di marcia normativa definita dalla Commissione europea lo scorso anno. I parlamentari hanno sottolineato l'importanza di definire chiaramente il concetto di "fast fashion", un modello produttivo a basso costo, di bassa qualità e ad alto volume, e hanno anche richiesto misure più severe per contrastare la produzione e il consumo eccessivo di tessuti. Negli ultimi 30 anni in effetti i dati hanno raggiunto stime preoccupanti, soprattutto a causa della "moda veloce". La quantità di vestiti acquistati dal consumatore medio europeo è aumentata notevolmente, causando il conseguente aumento di rifiuti nel settore: ogni anno nei paesi UE vengono eliminati circa 5,8 milioni di tonnellate di prodotti tessili, la maggior parte indossati solo sette o otto volte prima di finire in discarica o inceneriti. Mentre altri mercati come il Regno Unito e gli Stati Uniti stanno considerando misure simili, è l'Europa a guidare l'iniziativa per rendere l'economia dei suoi 27 Paesi più sostenibile.
I parlamentari hanno espresso il loro sostegno all'accordo raggiunto dai governi dell'Unione Europea per vietare la distruzione dei tessuti invenduti, sottolineando la necessità di obiettivi climatici legalmente vincolanti e quantificabili, nonché di requisiti ambientali più ampi che includano la biodiversità, il benessere degli animali e azioni concrete per combattere l'inquinamento da microplastiche. Hanno anche evidenziato la necessità di affrontare il tema degli abusi sul lavoro nell'industria, valutando inoltre le opportunità per sostenere i Paesi produttori non appartenenti all'UE nella decarbonizzazione. Una lista di desideri politici che riflette l'attuale slancio per una regolamentazione più rigorosa dell'industria della moda approvata tuttavia con quorum ristretto, indicativo dell'opposizione da parte dei legislatori favorevoli alle imprese. Le premesse sono ottime ma si scontrano con i tempi della burocrazia: una bozza a lungo attesa di regolamenti sul greenwashing, pubblicata a marzo, è rimasta vaga sui dettagli tecnici critici relativi agli standard e alle metodologie che i marchi dovrebbero utilizzare per fare affermazioni credibili sulla sostenibilità. Resta da vedere quanto rapidamente e quanto rigorosamente verranno introdotte le nuove misure per regolamentare la moda. I requisiti di due diligence proposti dall'UE devono ora essere negoziati con i 27 Stati membri del blocco prima di diventare legge e potrebbero subire ulteriori sfide o modifiche.