«Per me il Berghain è come la terapia», intervista a Glenn Martens di Diesel
Abbiamo incontrato il designer in occasione del rave party a Roma di Diesel x NTS
23 Maggio 2023
Per essere il designer del brand più presente nei club di tutta Europa, Glenn Martens non frequenta troppo le discoteche. «Non esco mai a Milano, quando esco mi piace, ma non riesco più a farlo troppo spesso. C'è troppo lavoro», ci ha spiegato il direttore creativo di Diesel durante la cena che ha preceduto il party organizzato dal brand e da NTS al Lanificio di Roma. Diciamo party e dovremmo dire “rave”, dato che nello spirito la festa di Roma era proprio questo – il secondo capitolo del rave di Londra di 17 ore con cui il brand e NTS avevano inaugurato il format. «Lo scorso novembre il piano era di andare a Seul, per fare il rave lì», ha raccontato Martens. «Poi è arrivata la Meloni con una dichiarazione molto aggressiva [sui rave, ndr] e mi sono detto: “Non posso essere un creativo attivo in un marchio italiano, che vive in Italia, e lasciare che questo accada”. […] Ovviamente questa festa è del tutto legale. Più di 50 persone sono un rave illegale? Al mio compleanno eravamo in 150. Forse dovremmo concentrarci prima sulla corruzione, non so, sulla disoccupazione, sull'istruzione. Perché la sua prima dichiarazione dovrebbe riguardare proprio questo? Sono una persona politica, posso parlare di politica, ma ho pensato che questa fosse la cosa più assurda, perché ha attaccato esattamente ciò che penso rappresenti il marchio o ciò che rappresento io».
E questo è il motivo per cui il party è stato organizzato proprio a Roma: essendo Diesel un brand di lifestyle, è su questioni che riguardano la vita della sua community che vuole dare un messaggio - in questo caso il clubbing, dato che la narrativa del brand è così legata a questo mondo. Lo stesso è successo in occasione dell’ultimo show che, collaborando con Durex, ha voluto sensibilizzare i giovani all’uso del preservativo. «Penso che sia una mia responsabilità, soprattutto con Diesel. Per esempio, l'HIV sta aumentando a dismisura tra gli adolescenti di oggi perché non hanno vissuto l'epidemia degli anni '80-'90, i ragazzi non hanno idea di cosa sia l'AIDS, ne hanno sentito parlare ma non sono nati in quegli anni. Ecco perché penso che, come marchio di lifestyle, voglio che nei nostri show si parli di preservativi. È solo un piccolo messaggio ogni tanto, quando è possibile». I tempi da clubber scatenato sono passati per Martens che, da quando si è concentrato sulle sue ambizioni da designer, ha deciso di dedicarsi anima e corpo al suo lavoro, ma senza dimenticarsi del ruolo di collante sociale che il clubbing ricopre nella cultura giovanile e nella maniera in cui il clubbing stesso può parlare e comunicare ai giovani. «Andare al Berghain e passare sei ore lì dentro per me è come una seduta di terapia. A essere onesti, se ci vado per 15 ore sono felice per almeno 1-2 settimane dopo e potrei letteralmente andare dallo psicologo e non mi farebbe lo stesso effetto. Senti la musica, ti dimentichi completamente di tutto il resto. Segui semplicemente quello che senti, il tuo corpo. È molto istintivo. È una cosa molto umana».
Più che al clubbing in sé e per sé, ciò che intriga Martens è quella nozione di successful living che accompagna Diesel fin dalla sua genesi e che lo distingue da tutta la moda tradizionale. «Diesel non ha a che fare con un'estetica. Non esiste per una persona. Non si concentra su una donna. Non si concentra su un lascito creativo. È letteralmente un atteggiamento. Si tratta di un atteggiamento del tipo "non me ne frega niente". L'unicità di questo marchio è in ogni singola cosa che facciamo. Ed è per questo che penso che sia una piattaforma più che un marchio. Penso che abbiamo avuto successo perché non ci siamo concentrati sull'estetica ma sulla mentalità». Su questo punto Martens fa una considerazione interessante. Per lui, molti brand sopravvivono al loro creatore per onorarne il lascito creativo (il suo preferito è Alaia, diretto dal suo storico amico e concittadino Pieter Mulier) ma dato che Diesel rappresenta un’attitudine e uno stile di vita, la sua libertà di lanciare messaggi e usare la moda «come un mezzo di comunicazione» è molto più ampia – così come la sua opportunità di spaziare creativamente. Il designer ha spiegato:
«Diesel era "For a successful living" prima di me. Non l'ho inventato io. Era già presente quando è stato lanciato e migliaia di noi ce ne siamo innamorati grazie a questa mentalità. Forse negli ultimi 10 anni c'è stato un momento in cui si è offuscato e la gente ha dimenticato il motivo per cui Diesel era quello che era. […] Ma credo che si tratti più che altro della libertà - che credo attragga ogni singola persona. Le persone vogliono esserne attratte, amano esserne coinvolti. E credo che alla fine non importi chi sei, quale sia il tuo orientamento sessuale, chi conosci o quanti soldi hai. Se hai da qualche parte, quella piccola vibrazione dentro di te e vuoi essere padrone della tua vita e vuoi divertirti per amore di farlo, allora puoi farcela».