Il massimalismo colto e pop di Christian Lacroix
L’impatto del lavoro di Lacroix non può essere dimenticato come dimostrano la storia della moda e la contemporaneità
24 Aprile 2023
I maestri dell’haute couture sono, senza troppi dubbi, i pilastri fondanti della moda contemporanea come dimostrano grandi nomi del passato quali Cristóbal Balenciaga, Christian Dior, Elsa Schiaparelli, Hubert de Givenchy, Yves Saint Laurent solo per citare qualche esempio incredibilmente significativo. Se si fa qualche passo avanti nel tempo e si considera un’altra generazione di designer leggermente più vicina alla contemporaneità, è inevitabile riferirsi a un creativo come Christian Lacroix. Nato nel sud della Francia, Lacroix è partito con un percorso ben diverso da quello conosciuto ai più, concentrandosi prima sulla storia dell’arte e poi sulla curatela museale. Questo primo momento formativo, però, è sicuramente un punto fondante dell’estetica del couturier visti gli innumerevoli riferimenti più tipici della sua estetica che, durante la sua lunga carriera, non hanno soltanto riguardato la sua terra d’origine, ma si sono anche posti come un vero e proprio catalogo d’arte. Grazie al consiglio ricevuto dalla moglie di incontrare Pierre Bergé (partner di Yves Saint Laurent nella vita e nel lavoro) e Karl Lagerfeld, il percorso creativo di Lacroix prende una piega differente, perché i due lo incoraggeranno a lanciarsi nel design. Così Lacroix inizia prima da Hermès e poi da Jean Patou, per il quale sarà direttore creativo a partire dal 1981.
Qualche anno più tardi, nel 1987, fonda la sua maison omonima, potendo dare finalmente sfogo al crogiolo di riferimenti che hanno da sempre definito la sua cifra stilistica. Tra tutti primeggia di certo il passato per il quale Lacroix è sempre stato ossessionato anche – e forse soprattutto – per i suoi natali in Provenza, una terra nella quale collimano il folklore mediterraneo da una parte e le architetture dell’impero romano dall’altra. Perciò è stato quasi inevitabile, con questo storico punto di partenza, dare grande spazio nel suo lavoro proprio al passato, convogliando così non solo ciò che potesse rimandare alla sua Francia, ma anche tutta una serie di citazioni quali il Medioevo, l’età Vittoriana, Wallis Simpson, i costumi di Cecil Beaton per My Fair Lady indossati da Audrey Hepburn, Fellini, ma anche temi più “pop” come Mickey Mouse e Lady Diana. Il tutto elevato all’ennesima potenza, vestito di un’aura lussuosa e quasi regale, ricchissima e massimalista, perfettamente in linea con gli anni Ottanta, periodo che lo consacrò.
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Sfilate quali l’haute couture autunno/inverno 1987-88 hanno definito la sua estetica e il suo gusto basati sicuramente sul “more is more”, ma anche, come si diceva, sulla commistione delle fonti di ispirazione più disparate, tra le quali “l’Europa del sud” ha fatto di sicuro da padrona. Proprio del 1988 è la prima cover di Vogue US, firmata da Peter Lindbergh sotto la direzione di Anna Wintour, che vide ritratta una giacca di Lacroix decorata da un’enorme croce di pietre. Non era affatto strano, quindi, riconoscere cenni alle tradizioni spagnole, accanto a quelle della Provenza, passando per Napoli e per l’opulenza siciliana. Folklore e ricchezza, ancora e ancora per una spiccata propensione verso l’horror vacui nel quale tutto lo spazio disponibile – nei capi ovviamente – diventa spazio che ospita un iperdecorativismo elegantissimo e colorato. L’apice di questo stile devoto all’aggiunta di dettagli è raggiunto con la sposa, immancabile presenza negli show di Lacroix e summa di quel mix mediterraneo che sembra vestire sacre sacerdotesse.
In tempi più recenti, il couturier è stato poi nominato direttore creativo di Pucci, dal 2002 al 2005, concentrandosi su un’estetica più “alleggerita”, ma sempre à la Lacroix, in linea con i primi Duemila e con i tipici mix cromatici della maison fiorentina. Dal 2009 il designer ha lasciato la direzione creativa del suo marchio, per dedicarsi principalmente alla creazione di costumi teatrali, spesso realizzati per l'Opéra di Parigi. Un altro esempio risale invece al 2019 con la sua partecipazione “a sorpresa” alla collezione primavera/estate 2020 di Dries Van Noten, nella quale il suo massimalismo si è unito al tipico mix di stampe del designer belga. Questo resoconto sulla carriera di Christian Lacroix – ovviamente solo parziale – testimonia che sebbene il designer si sia allontanato dal mondo della moda per concentrarsi su altri progetti, comunque a esso correlati, l’impatto del suo lavoro su altri designer come Versace, Moschino, o Alexander McQueen, così come alle nuove generazioni è sicuramente assodato, consentendogli di lasciare un segno che non può essere dimenticato né nell’ambito della storia della moda né, tantomeno, nella contemporaneità.