Chi sono i nepo babies italiani
Quando i figli dei direttori creativi si scoprono brand ambassador
12 Aprile 2023
Hadid, McCartney, Beckham, Gallagher, Jagger, Depp, Cobain, Jenner, Richie, Richards, Baldwin, Law, Crawford, Moss: il nepotismo non è di certo un concetto nuovo nel mondo dello spettacolo. Li chiamano Nepo Baby, un termine nato per indicare i cosiddetti figli di papà, coloro che, oltre ad ereditare il cognome e un proficuo conto in banca dai loro genitori famosi, hanno anche giovato del successo e di tutti i benefici che derivano dall’avere amici o parenti già inseriti nel mondo dell'intrattenimento. Questi benefici nell’industria della moda si traducono in milioni di follower sui social media, prime file nelle Fashion Week di tutto il mondo, apparizioni in numerose campagne e pubblicità di alto profilo; tutte cose per cui i modelli “figli di nessuno” sono costretti a sgobbare anni e per molti meno soldi. Dalla polemica social tra Vittoria Ceretti e Lily-Rose Depp alla cover del New York Times tra teste di it-girl fluttuanti photoshoppate su corpi di neonati, sembra che i media non riescano a fare meno di parlare dei Nepo Baby contribuendo ulteriormente al loro successo. Ma se in passato i riflettori sono stati puntati su Hollywood, dove l’ostentazione è parte integrante della tendenza, in Italia abbiamo dovuto pazientare prima che “gli affari di famiglia” venissero a galla.
Come ha sottolineato Giuliana Matarrese nelle sue Instagram Stories, il volto della nuova it-bag di Dior, Lady 9522, non è affatto noto ma non si può dire lo stesso del suo retaggio. Parliamo di Rachele Regini, da poco ambassador della maison di LVMH nonché figlia della direttrice creativa del womenswear, Maria Grazia Chiuri. Gli scatti minimali firmati da Brigitte Lacombe che la vedono ritratta hanno lasciato interdetti i fini conoscitori della maison, abituati a volti ben più celebri per campagne di questo tipo: da Natalie Portman e Charlize Theron, fino alla new entry Anya Taylor-Joy. Eppure l’unico legame di Regini con la fama è la sua laurea in Storia dell'arte alla prestigiosissima Goldsmith, il suo ruolo come “cultural advisor” (anche se non è chiaro nello specifico cosa comporti) per maison Dior e il suo contribuito alla creazione dei look sfoggiati da Chiara Ferragni all’ultimo Festival di Sanremo. Ancora da capire quanto tutto questo sarebbe stato possibile senza il beneplacito di mamma Maria Chiara. Anche in casa Valentino i figli del direttore creativo Pierpaolo Piccioli stanno spiccando il volo. Tra le protagoniste di Valentino Beauty troviamo il volto di Benedetta Piccioli, classe ‘97 e dal dicembre 2021 modella per Women Management Milano. Tra le poche interviste rilasciate, sono particolarmente significative le sue dichiarazioni per Tag24, il giornale di un ateneo romano: «Ognuno ha il diritto di essere valorizzato, di sentirsi meglio con il proprio corpo e la propria identità e, soprattutto, di sentirsi rappresentato» racconta Benedetta, forse bypassando ingenuamente il fatto che se lei stessa appare in copertina, non è di certo merito di un processo di democratizzazione della moda, che in fatto di rappresentazione nelle scorse stagioni è apparsa più “escludente” che mai, ma del suo cognome.
È vero, il nepotismo è sempre esistito, ma sono lontani i bei tempi in cui i bambini famosi si trovavano costretti a cambiare il proprio cognome pur di mettersi alla prova, come fu per Angelina Jolie. Le nuove generazioni indossano invece con fierezza il manto del privilegio e mai prima d'ora così tanti figli di genitori famosi sono stati così premiati per il loro lignaggio e così disposti ad abbracciarlo pubblicamente. Avrebbero avuto lo stesso successo senza i vantaggi apriporta di un cognome illustre? Difficile rispondere.