Quando i The Strokes inventarono l'Indie Sleaze
E il debutto di "Meet Me in the Bathroom" nelle sale italiane
31 Marzo 2023
Ieri Meet Me in the Bathroom, il documentario tratto dal libro di Lizzy Goodman che esplora l'ascesa della scena musicale di New York nei primi anni 2000, ha debuttato nelle sale italiane. In occasione della rassegna I Love Cinema Rock - un omaggio a quel gloriosissimo film in cui, pur di far passare la musica rock in radio ed eludere le rigide leggi inglesi che imponevano la musica classica, i protagonisti trasmettevano da una nave pirata in mezzo all'oceano - Carlo Pastore del MiAmi Festival e di RockIt, il cantautore Francesco Mandelli, la stylist Susanna Ausoni, la giornalista Giuliana Matarrese e il direttore della Rivista ufficiale NBA Mauro Bevacqua, hanno rievocato l'atmosfera dissoluta della Grande Mela nei tempi d’oro delle brand tra le mura del cinema Anteo. Moldy Peaches e gli Yeah Yeah Yeahs, i Rapture e gli Interpol, gli LCD Soundsystem, i Tv On The Radio, e soprattutto i The Strokes, che con quel brano tratto da Room on Fire che dona il titolo all’omonimo documentario inneggiavano al sesso occasionale su qualsiasi superficie libera nei bagni dei pub underground (anywhere is fine, just don’t waste my time). L’inno di una generazione che aveva visto i propri paradigmi infrangersi con l’11 settembre ma non per questo aveva smesso di inseguire la spensieratezza dei propri anni. La storia di cinque ragazzi figli di papà vestiti di Converse logore e magliette sdrucite che con la loro attitudine post-grunge hanno cambiato non solo le sorti del rock mainstream, ma anche l’intera estetica del genere.
Julian Casablancas si guadagnò il titolo di ragazzo immagine di questa ondata musicale. La sua uniforme fatta di tee vintage, giacche da bandleader e jeans logori, si sposava perfettamente con la sua voce strozzata. Gridando al microfono Is this it?, con i capelli unti e spettinati appiccicati al viso, il suo look era in contrasto sfidante con il glam scialbo dell'epoca. I suoi compagni seguivano l'esempio con le loro uniformi da scappati di casa: abiti di seconda mano, maglioni del nonno, giacche da moto malridotte e capelli arruffati, un look che certamente rinnegava la loro provenienza dall'Upper East Side. Dal batterista Fabrizio Moretti, storico ex di Drew Berrymore, vestito di magliette vintage della Coca-Cola, cappotti militari e jeans flare, passando per i blazer e le converse rosa confetto di Nick Valensi, i completi sartoriali di Albert Hammond jr. e l’invidiabile chioma di Nikolai Fraiture, lo stile degli Strokes funzionava perché era vero, perché era il look degli sfigati prima che essere sfigati diventasse cool. «Quando gli Strokes hanno iniziato a suonare per la prima volta, invece di indossare outfit studiati per i concerti, abbiamo parlato di come dovremmo vestirci ogni giorno, nella vita reale, come se stessimo suonando sul palco», ha detto Casablancas a GQ.
Mentre la band guadagnava terreno, uno stilista di nome Hedi Slimane (non a caso ossessionato dalla musica rock e assiduo frequentatore dei club newyorkesi) introduceva un nuovo approccio vestimentario presso Dior Homme. In precedenza, l'abbigliamento maschile era legato allo stereotipo del belloccio palestrato, ma ben presto i modelli efebici che riproducevano gli effetti delle droghe sul corpo umano avevano invaso le passerelle e gli Strokes, con la loro attitudine ruvida e ribelle, i corpi emaciati e la scarsa sobrietà, hanno incarnato in prima persona un cambiamento epocale.
In poco tempo, il loro abituale guardaroba fatto di jeans aderenti e cravatte ultrasottili si diffuse nei grandi magazzini di tutto il mondo, vestendo una generazione di giovani alternativi con acconciature discutibili. La sottocultura, che ora chiamiamo Indie Sleaze, era stata assorbita dal sistema commerciale, apportando uno spostamento della cultura pop verso un'estetica più autentica e DIY (ricordate la maglietta di Shia LaBeouf in Transformers?). Per i Millennial quei cinque ragazzi sono un ricordo indelebile, sinonimo di quei jeans Cheap Monday troppo stretti per permetterci una corretta circolazione sanguigna. Per la Gen Z sono l'emblema di un’estetica attualmente in voga (l’hashtag conta più 104 milioni di visualizzazioni TikTok e secondo i trend forecaster rappresenta la "vera vibe shift" dopo la parentesi y2k e la morte dell'hype) e di un genere musicale che hanno conosciuto con At the Door. Con Casablancas testimonial di Celine e il ritorno in grande stile di quei ragazzi un po’ invecchiati, più puliti, sicuramente più sobri, ma pur sempre, inevitabilmente, iconici.