A Parigi sfila il travagliato rapporto tra moda e tecnologia
Tra critiche sociali e paradisi terrestri
02 Marzo 2023
In una stanza completamente buia una modella esce da un muro di nebbia con in mano uno smartphone, il viso illuminato dalla luce dello schermo mentre una voce simile a quella di Siri ripete in loop la frase «Is the sky blue?». Nicolas Di Felice, direttore creativo alla guida di Courrèges dal 2021, non ha usato mezze misure nella sua riflessione sul nostro rapporto quotidiano con la tecnologia. «Non giudico, ma mi interrogo e ho voluto provare a riflettere sul tema» ha dichiarato a margine dello show. Poche ore dopo qualcosa di simile l’ha fatto anche Jonny Johansson, che nella collezione Autunno/Inverno 2023 di Acne Studios ha voluto mettere al centro il suo rapporto con la natura e il modo in cui oggi siamo sempre più distanti da essa. «Per questa collezione, ho pensato agli inverni bui che abbiamo in Svezia, dove la luce dura solo poche ore» ha raccontato il designer. «Mi è sempre piaciuto il contrasto tra natura e vita urbana, l’idea di una foresta infinita proprio dietro l’angolo. In Scandinavia, la natura si scontra spesso con la città: il parco giochi da un lato dell’edificio e la foresta dall’altro. Ma vivere a così stretto contatto con la natura sta diventando sempre più raro nel nostro mondo moderno.»
Nel pratico entrambe le collezioni hanno interpretato a modo loro, quasi opposto, questa sorta di rigetto verso la tecnologia. Da Courrèges le giacche e le felpe erano pensate per liberare le mani, che in molti look tenevano lo smartphone portando così avanti la narrativa dello show, mentre da Acne Studios la natura aveva preso il sopravvento, invadendo la scenografia e i look visti in passerella. Un po’ come in The Last of Us, quando la civiltà crolla e la natura si riprende il suo posto, il set creato da Shona Heat rievocava le foreste parte dell’infanzia di Johansson, quelle che «cambiano sempre, crescono e si trasformano» come ha raccontato il designer svedese. La palette colori sui toni terrosi del verde e del marrone si ispirava alle foglie in decomposizione e alle radici degli alberi, mentre i materiali che compongono gli abiti sono trattati per sembrare rovinati dallo sporco e della pioggia. La natura passava anche per gli accessori, dove le lattine gettate erano orecchini, i tappi di bottiglie finivano sulle collane e i cappelli di lana ricordavano enormi funghi.
Due approcci figli di due epoche e due storie diverse. Di Felice, nato a Charleroi, città di carbone in Belgio, e cresciuto con una passione per MTV, descritto come «la mia finestra sulla moda» in un’intervista per Vogue, e Johansson, oggi in pianta stabile a Stoccolma ma che nel suo lavoro ad Acne Studios ha sempre raccontato le sue radici nel nord della Svezia. Entrambi però riflettono non solo il nostro rapporto quotidiano con la tecnologia, ma anche quello che la moda ha sviluppato negli ultimi anni, quando, complice le restrizioni pandemiche, ha iniziato a sperimentare con gli show digitali, la realtà aumentata e il Web3, ritrovandosi coinvolta nel Metaverso e gli NFT senza che ce ne fosse realmente bisogno. Se da un lato l’apporto tecnologico continua ad essere una parte integrante del processo creativo di un brand (lo abbiamo visto pochi giorni fa nello show di Anrealage), dall’altro stiamo assistendo a un progressivo ritorno alle origini, che si tratti di una critica pungente come quella di Courrèges o di una ricerca spasmodica per la semplicità in passerella.