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Come sta cambiando il ruolo dei CEO di moda

Una nuova figura professionale in carico di risollevare i brand dalla crisi economica

Come sta cambiando il ruolo dei CEO di moda Una nuova figura professionale in carico di risollevare i brand dalla crisi economica

Quanto influisce un amministratore delegato su una collezione? Ce lo siamo chiesti poco tempo fa in seguito alla nomina di Daniel Lee da Burberry da parte del CEO Jonathan Akeroyd. La scorsa settimana, il report annuale di Nextail dimostra quanto effettivamente le compagnie di moda pendano dalle labbra dei CEO, avendone sostituiti più di 70 solo negli ultimi 12 mesi, e appoggiando su di questi tutte le loro speranze per un futuro più rassicurante. Sta avanzando un nuovo modello di CEO, una figura “ambidestra”, capace di affrontare le incertezze di mercato grazie ad una preparazione professionale più focalizzata. Tra i nuovi arrivi spicca una forte conoscenza del mondo digital e analitico (+ 33.6% rispetto al 2022), come anche una crescente presenza femminile (+31,4%). 

I nuovi incarichi, come quello di Colin Browne da Under Armour, Horatio Barbeito da Old Navy, Laetitia Mergui da Lemaire, e Arne Freundt da Puma dimostrano una predilezione da parte dei grandi retailer moda per CEO con esperienza in ambito direttivo in supply chain e retail operations. A quanto evidenziato da Nextail, una preparazione mirata dei nuovi leader garantirà maggiore sicurezza per le aziende, aumentando così i prerequisiti fondamentali per raggiungere gli obiettivi omnichannel. Inoltre, a rendere i CEO entranti più appetibili per le aziende moda c’è una maggiore tendenza progressista ed esplorativa, necessaria quest’anno per contrastare le sfide future presentate da un’economia instabile e dalla “trasformazione digitale” che sta invadendo il fashion system. Per superare un’economia instabile, i leader dell’industria moda hanno bisogno di CEO capaci di tagliare i costi in modo strategico, e contrastare l’attuale crisi delle catene di produzione. Secondo quanto riportato da BoF, più dell’80% dei CEO intervistati sostengono che l’inflazione che sta colpendo l’industria moda costituirà un ostacolo notevole per il mercato anche nel corso dei mesi a venire, ed è possibile che la situazione peggiori. Nonostante la recessione impendente, i grandi del lusso (Versace, Alexander McQueen, Prada, Christian Dior, e Viktor & Rolf tra quelli che hanno sostituito i propri CEO) hanno aspettative molto alte per il 2023. Un recente studio di McKinsey prevede per la moda di lusso una crescita di vendite dal 5% al 10% a livello globale, mentre evidenzia prospettive meno positive per il resto dell’industria (dal -2% al +3%).

Tra i turnover più significativi spiccano sicuramente quelli innescati da una acuta pianificazione per la successione familiare, come Prada, che ha annunciato la nomina di Andrea Guerra a CEO e le conseguenti dimissioni da co-CEO di Miuccia Prada e il marito Patrizio Bertelli, in previsione dell’arrivo in carica del figlio Lorenzo Bertelli, e LVMH, il cui proprietario Bernard Arnault ha portato i figli Delphine e Antoine Arnault a capo della dirigenza Dior. Attualmente tutti i figli di Arnault hanno incarichi presidenziali presso i marchi LVMH.

La scelta in massa da parte delle aziende di moda di eleggere nuovi CEO e le caratteristiche che accomunano i nuovi leader dimostrano il grande bisogno per una figura professionale moderna, capace di affrontare saggiamente i problemi che attanagliano l’industria moda, quali l’emergenza supply chain e la crisi economica. Il nuovo CEO deve saper unire competenze operative e analitiche, ma allo stesso tempo saper prendere rischi calcolati. Citando la “trasformazione digitale” come principale motivo per il turnover dei CEO, le aziende stanno cercando dirigenti versatili, con esperienza analitica e una giusta intuizione di fronte alle sfide più impegnative.