Guida al menswear minimalista di Vinted
Come trovarlo e quali brand comprare
03 Gennaio 2023
Nel giro di uno o due anni, Vinted è diventato il principale marketplace online di moda secondhand per almeno tre diverse generazioni. A differenza di piattaforme come Grailed o Vestiaire, più dedicate ai brand di lusso tradizionali, su Vinted si trova un po’ di tutto, dal Gucci di Tom Ford al brand Y2K semi-dimenticato, oltre che un gran numero di marchi indie contemporanei nelle cui descrizioni sono spesso elencati, per ragioni di visibilità nelle ricerche, altri brand similari, trasformando la descrizione di un prodotto in una serie di reference per trovarne altri e similari. Facciamo un esempio. Poniamo caso che si inserisca nella barra di ricerca il brand Our Legacy, senza però selezionare il brand: appariranno, oltre che a pezzi di Our Legacy, anche altri indumenti di brand come Universal Works, De Bonne Facture, Peregrine, Soulive, Orslow e via dicendo. Di solito questi elenchi indicano anche la disponibilità del venditore di scambiare i propri articoli con quelli firmati dai brand menzionati – ma il più delle volte fungono da vere e proprie guide nel mondo poco sponsorizzato del menswear minimalista contemporaneo, un misto di marchi italiani, francesi, americani e giapponesi che condividono la medesima estetica “semplice-ma-non-basic”, ispirata un po’ al workwear e un po’ al lusso minimalista, che tradiscono l’occhio fino per la qualità di chi li sceglie senza essere mai frivoli o troppo commerciali.
La parte migliore è che in queste stringhe di nomi spesso prive anche di virgole o maiuscole nascondono menzioni brillanti a marchi che, ricercati, offrono piccole gemme: jeans cimosati di Sugar Cane o Studio D’Artisan prodotti in Giappone, giacche di pelle di Vencouvert Paris e camicie di Drapeau Noir, pezzi iper-minimali di A Vontade o Bonne Gueule. Per i brand italiani troviamo molto Roberto Collina, Valstar, Boglioli e Buttero per citarne alcuni, ma anche i marchi britannici come Mackintosh e Harris Tweed sono rappresentati. Gran parte di questo repertorio è composto invece da marchi di slow fashion americani, francesi e giapponesi che producono in Europa come Schnayderman’s o Hartford o appartengono al mondo del Japanese-Americana come The Real McCoy’s o Momotaro. È facile trovare questi e numerosi altri – tutti afferenti a quel tipo di slow fashion promosso da retailer come @nomanwalksalone per fare forse l’esempio migliore ma che, nella realtà milanese, esiste con Eral 55 o che negozi di vintage e archivio di culto come The Archivist a Parigi, Herr Judit a Stoccolma o Archivio Fuorviante qui in Italia portano avanti con le loro proprie selezioni e brand favoriti.
La parte più interessante, comunque, rimane la maniera in cui queste piattaforme innovative (che includono anche TikTok dove l’hashtag #vintedhacks ha 11,3 milioni di views) siano in grado di promuovere e diffondere brand di culto dai modelli di produzione poco commerciali e per certi versi antiquati che fanno ancora le cose come una volta, andando via via costituendo un substrato intermedio tra il fast fashion/high street globalizzato e la moda di lusso più costosa – dimostrando, tra le altre cose, che quest’ultima non ha l’assoluta prerogativa in termini di qualità, stile, storia e costruzione. Il mondo del menswear minimalista su Vinted, tra l’altro, si sta trasferendo dal reame del secondhand a buon mercato a quello del consumo etico e, infine, a quello della cultura vera e propria considerando come un numero crescente di content creator (i primo che vengono in mente sono i francesi Paul Binam e @homme_vide) che promuovono un’estetica post-tradizionale e post-streetwear in cui i cardigan di A Kind of Guise o i cappotti Solid Homme si mescolano a sneaker Asics o New Balance a borse vintage di Dior o Chanel.