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Sotto una pioggia di rafia con Jacquemus

Com’è andato lo show SS23 del brand tenutosi ieri a Parigi

Sotto una pioggia di rafia con Jacquemus Com’è andato lo show SS23 del brand tenutosi ieri a Parigi

Ci sono due tipi di show di Jacquemus: quelli scenografici e quelli concettuali. Quelli scenografici sono solitamente ambientati in location esotiche, come le spiagge hawaiiane, i campi di lavanda in Provenza, le distese di sale della Camargue e creano corrispondenze tra i look in passerella e il paesaggio; quelli concettuali si tengono solitamente a Parigi, e più che sfruttare lo scenario circostante tendono a evocare un ambiente, un momento o una sensazione specifica attraverso minuscoli dettagli che diventano totalizzanti: il metafisico spiazzo bianco della FW20, la montagna evocata attraverso colori e forme geometriche della FW21 e lo show che si è tenuto ieri a Parigi per la collezione SS23 e intitolato Le Raphia. Nelle show notes si parla della fine dell’estate, di frammenti sensoriali come il sole di mezzogiorno che splende dietro una tenda, la rafia che cade una nevicata sognante – tutti dettagli che vengono magnificati e sublimati nella venue dello show: una tenda circolare intorno a cui è disposto il front row, una luce abbagliante che sul finale diventa rossa come un tramonto e la già menzionata pioggia di rafia, che racconta ed enuclea il tema visivo e materiale della collezione creando anche un momento surreale

La rafia è in effetti la protagonista assoluta di una collezione molto Jacquemus-siana e che mescola alcune suggestioni haute couture insieme richiami a Jane Birkin e Martin Margiela. Proprio a proposito della tradizione della couture, questa collezione ha segnato un cambio di marcia nelle tecniche costruttive del brand: al di là di una rivisitazione del celebre cappello gigante del brand (a sua volta una citazione tanto a Brigitte Bardot e collezioni di couture francese come la couture SS91 di Jean de Castelbajac e la SS92 di Dior disegnata da Ferrè) c’erano blazer e abiti in rafia, ma soprattutto un completo di gilet e pantaloncini interamente intrecciato che sarà la gioia degli influencer durante la prossima fashion week estiva. Gli autori di tutti questi modelli erano le petite mains di Maison Lesage, uno degli atelier di couture più venerati di Parigi, specializzato nei ricami più intricati, aperto dal 1929 e da vent'anni associato a Chanel Métier d'Arts. Altrove, jeans ricostruiti e ricoperti da una patina argento, jeans con tasche cargo e zip esposte, pantaloni Capri, underwear dalle stampe psichedeliche che emerge oltre la linea della vita, minigonne e l’occasionale whale tail evocano l’estetica Y2K incorporandola al resto del DNA Jacquemus.

Al di là di avanzamenti e reinterpretazioni del linguaggio che il designer della Provenza ha sviluppato nel tempo (ormai lo possiamo considerare una presenza fissa sulla scena indipendente di Parigi), questa collezione ha sicuramente provato a intercettare un tema che secondo noi diventerà dominante nel discorso della moda del 2023 e cioè quello dell’artigianalità. Ciò che il brand definisce nelle sue note «artigianato contemporaneo» e ciò che mette in scena in passerella rappresenta la manifestazione di una rinnovata attenzione a ciò che è fatto a mano in quanto più autentico, dal valore più palese e quantificabile. Va aggiunto, tra l’altro, che insieme a quello di Dior della scorsa settimana, anche questo show ha messo una certa enfasi sull’idea di fibra naturale, lussuosa perché grezza e dunque tattile, diversa dall’uniforme tessuto delle produzioni più industrializzate. Se da Dior c’erano il lino e i cesti di vimini come citazione agli egizi oltre che come materiale innovativo e naturale, qui da Jacquemus la rafia svolge una simile funzione ma caricandosi di sfumature più sentimentali. In ogni modo, comunque, servirà tenere a mente questo show quando, in futuro, vedremo ricorrere sempre di più l’impiego innovativo di fibre naturali e una nuova insistenza sull’artigianato – due cose che a Jacquemus, si sa, piacciono molto da sempre.