A che punto è la moda in Qatar?
Dagli spazi per il retail, a quelli per la cultura
15 Novembre 2022
Tra meno di una settimana la FIFA World Cup approderà in Qatar, segnando non solo la prima Coppa del Mondo ad avere luogo nei paesi arabi ma anche un intero mese durante il quale il paese si trasformerà in un polo di attrazione per flussi turistici da tutto il mondo. L’industria del lusso non è stata certo indifferente a questo spostamento dell’attenzione verso il paese che nelle scorse settimane ha già ospitato praticamente ogni nome degno di nota del mondo della moda durante le celebrazioni di Fashion Trust Arabia 2022 e dell’inaugurazione della mostra Forever Valentino a Doha. Dopo una crisi diplomatica con gli altri paesi arabi iniziata nel 2017 e terminata solo l’anno scorso, l’emirato è pronto a diventare un nuovo polo del lusso e, come racconta Business of Fashion, ha iniziato ad attrarre retailer e investitori. Uno di questi è Qatar Holdings, società che possiede già Printemps a Parigi e Harrods a Londra, che ha aperto una location di Printemps a Doha mentre ad aprile il centro commerciale Place Vendôme ha aperto i battenti al pubblico insieme a un albergo di lusso a esso collegato. Sempre secondo BoF, il gruppo Mayhoola for Investments, già proprietario di Valentino e Balmain, fra gli altri, sta ricevendo fondi dalla Qatar Investment Authority – a queste novità va ad aggiungersi anche un robusto network di mega centri commerciali di lusso che sembrerebbero voler trasformare l’emirato in un nuovo polo dello shopping internazionale sul Golfo Persico. Eppure esistono alcuni dubbi su questo tipo di crescita spropositata: quando l’ondata di turisti portati dalla World Cup sarà esaurita cosa sarà di questo vasto ecosistema retail?
@placevendomeqatar What’s your favorite brand at Place Vendôme?ما هي علامتك المفضلة في پلاس ڤاندوم؟#PlaceVendômeQatar original sound - placevendomeqatar
La Coppa del Mondo, come si diceva, durerà circa un mese, portando nel paese circa 1,5 milioni di turisti secondo le stime. In veste di paese più ricco tra quelli arabi, il Qatar ha investito molto in questo momento facendo implicitamente conto che le infrastrutture sviluppate per la competizione costituiranno la base logistica di una ripartenza per l’industria del turismo nell’emirato. Tra i nuovi palazzi, ristoranti, reti di trasporto urbano e hotel, nightclub e bar (in Qatar l’alcol è vietato solo in pubblico, mentre è possibile bere in bar e hotel dotati di licenza apposita), i grandi centri commerciali di lusso rappresentano una delle punte di diamante dell’offerta turistica. Intervistato a proposito da BoF, Patrick Chalhoub, CEO del gruppo che porta il suo nome e rappresenta il più grande retail operator del Medio Oriente, ha detto che il contesto di generale ammodernamento e sviluppo infrastrutturale che il paese sta vivendo a ridosso della World Cup è «il momento ideale per cambiare la nostra strategia di penetrazione nel mercato». Secondo Chalhoub, in tutto il Qatar i clienti del lusso originari della regione sono appena 3000 persone e costituiscono il target principale delle strategie di espansione del gruppo, laddove i dirigenti stranieri che vivono nel paese e i professionisti esteri rappresentano un target secondario. E se alcuni centri commerciali, come quello dell’aereoporto di Hamad, rimangono commercialmente centrali, gli stessi retailer locali sono convinti che gli abitanti del Qatar preferiranno non spendere nel mese in cui la legione di turisti e di visitatori affollerà i centri nevralgici del commercio.
Tra il Villagio Mall, il Mall of Qatar, il Doha Festival City, il Place Vendôme, il Galeries Lafayette Doha e il Printemps, oltre al già citato centro commerciale dell’aeroporto di Hamad, l’offerta di lusso (che include anche altri centri commerciali oltre a quelli citati) appare spropositata rispetto alla domanda – specialmente quando le acque della World Cup si saranno calmate. Secondo molti degli imprenditori intervistati da BoF, ad esempio, la credenza diffusa è che un miglioramento della proposta di ristorazione potrebbe portare a un maggiore traffico, specialmente per quanto riguarda i consumatori locali. Ma anche se uno studio di RedSeer Strategy Consultants prevede che entro il 2030 il traffico turistico nel paese toccherà i sei milioni annui, i retailer locali sono preoccupati dalle abitudini di spesa dei loro concittadini, quei 3000 clienti del luxury di cui si diceva sopra, che nel 2022 hanno preferito fare shopping durante i propri viaggi in Europa che a casa propria, e questo a causa di un conveniente cambio delle valute. Tutte queste scommesse e previsioni per il futuro, però, dovranno confrontarsi necessariamente con la riuscita della Word Cup: se l’evento avrà successo la visibilità guadagnata dal paese porterà nuovi flussi turistici e forse anche nuovi abitanti – ma al momento Doha soffre ancora la vicinanza con Dubai.
All the fashion gays in Doha Qatar representing the deadly homophobic Qatari government, it must be crack.
— Unlearning and Relearning life (@AdeolaNAderemi) November 6, 2021
I hope the checks and private first-class tickets are worth it.
Altro scottante fattore nella rinascita del turismo in Qatar è l’intolleranza del paese nei confronti degli omosessuali e della comunità LGBTQ+. Solo la scorsa settimana l’ambasciatore Khalid Salman è finito al centro della polemica dopo aver etichettato l’omosessualità come una malattia mentale in diretta TV in Germania, mentre un report di Human Rights Watch e una serie di rivelazioni da parte di membri della comunità LGBTQ+ hanno evidenziato la brutalità sistemica che le forze di polizia impiegano nell’applicare le leggi del proprio paese. All’inizio del mese il resoconto di quanto accaduto a un uomo filippino a Doha nel 2018 ha anche evidenziato come la polizia tenda vere e proprie trappole ai membri della comunità che di frequente si traducono in detenzioni forzate, abusi verbali e fisici oltre che, nei casi più gravi, in stupri e condanne a morte. Un tipo di atteggiamento politico che si trova certamente in contraddizione con l’adorazione che il mondo arabo sembrerebbe voler tributare alla moda e che crea anche un clima di sfiducia che scoraggia i flussi del turismo occidentale.