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Tutto il basic vien per nuocere?

Oltre il normcore, oltre il minimal, nel riposante reame della basicness

Tutto il basic vien per nuocere? Oltre il normcore, oltre il minimal, nel riposante reame della basicness

«If I was a man the first thing I would do…» recita la voce registrata di un audio virale su TikTok e Instagram dal nome di Sprite Enjoyer Fall Outfit Recipe, in cui un non precisato personaggio femminile elenca gli ingredienti più elementari di un outfit autunnale: una flanella indossata sopra una hoodie grigia, un paio di jeans con i risvoltini e un paio di Converse. La challenge viene usata da molti tiktoker per sfoggiare il proprio fisico, dato che all’inizio dei video si sta in intimo e gli abiti vengono aggiunti via via come in una schermata di The Sims. Allo stesso tempo la challenge sembrerebbe sottolineare la ripetitività di un outfit che, in effetti, è assai popolare tra gli influencer di menswear che creano video come “Outfit Inspo”, “Get Dressed with Me”, “How to Build a Wardrobe” o “Clothing Hacks” di cui la basicness è la filosofia fondante. Tutti questi contenuti si riferiscono infatti a outfit spesso convenzionali e ripetitivi, fatti più per omologarsi che per distinguersi, che l’utente medio di TikTok può replicare con facilità. E se è vero che questi outfit non possiedono assolutamente nulla di originale o avanguardistico è anche vero che proprio questi video svolgono un ruolo fondamentale nell’uniformare e regolarizzare il linguaggio estetico di quella parte della Gen Z e dei Millennial che vuole vestirsi bene ma a cui l’abbigliamento non interessa poi così tanto o, in altre parole, dei cosiddetti “basic bros. E dunque la domanda sorge spontanea: questi video sono davvero cringe o stanno svolgendo un essenziale ruolo nell’educare persone di tutti tipi sulle basi del sapersi vestire? E a questa domanda ne segue una seconda: tutto il basic vien per nuocere?

@thedrewbaker

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Sprite enjoyer fall outfit recipe - Grace

Chiunque sia cresciuto nel mondo pre-social media ricorderà quanto fosse complicato trovare reference e ispirazioni al di fuori di giornali, video musicali e occasionali film. La Gen Z ha oggi a disposizione migliaia di video TikTok che insegnano e consigliano brand, suggeriscono outfit e stili e via dicendo – crescendo nei primi anni 2000, ad esempio, non c’era nessuno a spiegare ai giovani millennial cosa fosse un outfit monocromatico, quali fossero i dieci pezzi necessari del guardaroba autunnale o gli errori da non fare quando indossare una camicia. Certo in molti casi su TikTok si sottolineano delle ovvietà che, per chi è dentro la bolla della moda, sono quasi banali e lo si fa con vestiti che poco hanno di creativo sul piano del design. Ma considerando come gli adolescenti di dieci o vent’anni fa si vestissero completamente a caso (vi invitiamo a visionare le foto della scuola di fratelli o sorelle maggiori, o le vostre se siete nello stesso range d’età di chi scrive) con pantaloni del tutto privi di fit, felpe dalle stampe deliranti e combinazioni di colori fin troppo fantasiosi, forse i tiktoker che suggeriscono ai propri follower le migliori maniere di indossare una canotta (spoiler: con una camicia sopra o senza camicia) o come vestirsi a un date non sono così inutili o banali come sembrano. 

Certo rimane comunque irritante vedere, in questi contenuti, estetiche e subculture ridotte ai loro minimi significanti, diluiti attraverso la genericità del fast fashion. Una combo di Converse e flanella fa immediatamente grunge; si diventa subito “old money” con una camicia o un blazer mentre il vibe del “soft boy” si riduce essenzialmente a utilizzare colori pastello e outfit monocromi mentre pare che le Air Jordan 1, le Converse e le Doc Martens siano le uniche scarpe possibili. Alcune delle lezioni che passano dalla visione complessiva di questi contenuti non sono nemmeno così sbagliate, rappresentano semplicemente un basilare ma non esaltante buon gusto. Si vola invece verso territori pericolosi quando il tiktoker di turno propone skinny jeans, pantaloni con i risvoltini o gli strappi al ginocchio, lacci delle scarpe usati come cinture, completi da uomo aderenti come costumi da supereroi oppure suggerisce di infilare nei pantaloni qualunque tipo di top senza nemmeno usare una cintura. Come dice un uomo molto saggio, però, qui si tratta di scelte private. 

Converrebbe a questo punto considerare  come i vari look e stili che vengono presentati su TikTok appartengano tutti a una vera e propria divisa dell’influencer/tiktoker (pensate a quanti creator in tutto il mondo indossino fili di perle, gilet di maglia, canottiere o pantaloni cargo) il cui DNA si è sviluppato nel momento in cui questa figura professionale è uscita dall’ambito del puro lusso e ha iniziato a promuovere brand popolari o fast fashion con uno stile generico e per certi versi impersonale intercambiabile tra un creator e l’altro. La cosa rappresenta in effetti un linguaggio comune a una generazione intera la cui espressività, però, si comprime, azzera e avvita su stessa proprio a causa dell’enormità di altri stili ed estetiche a cui si rifà. Un tipo di uniformazione associabile a una moda meno esclusiva e di lusso e più immediatamente commerciale, rivolta a un pubblico di massa. La chiave del suo successo sta nella combo di versatilità, trasversalità e accessibilità. Per rispondere alla nostra domanda originaria, dunque, la risposta è: no, non tutto il basic vien per nuocere. A tutti serve imparare l’ABC del vestire e, per quanto riguarda la qualità dei content che la Gen Z consulta per decidere cosa indossare, chi risiede all’interno della bolla della moda non deve inquietarsi troppo: TikTok è pieno di content creator devoti alla moda come Wisdom Kaye, Louis Powell, Chris Burt Allan o Jacob Day, solo per citarne alcuni, che combattono la basicness un outfit alla volta.