Perché la moda ama così tanto il superfluo?
Cani, gatti, pesci rossi e persino cavalli, siamo tutti fashion addicted
03 Novembre 2022
Dimenticate l’espressione “gli asini che volano” perché d’ora in poi si potrà parlare dei cavalli con le sneakers. A differenza del primo modo di dire, in questo secondo caso si tratta di realtà, seppur ugualmente paradossale. Marcus Floyd, designer del brand Horse Kicks che realizza scarpe customizzate proprio per cavalli, ha riadattato alcuni dei più celebri modelli delle sneakers, vedi le Air Jordan 1 Court Purple, le New Balance 550 o le Yeezy Boost 350 V2 Dazzling Blue, trasformandole in confortevoli rivestimenti per gli zoccoli dell’animale. In questo modo la coppia sneakerhead fantino-cavallo potrà magari dedicarsi a una corsa a ostacoli con uno stile curato fin nel dettaglio, grazie all’ultimo modello fresco di drop, perfettamente abbinato. Sul sito del brand si fa riferimento a Lexington, Kentucky come alla patria dell’equitazione, invitando tutti gli avventori a sostituire “i noiosi ferri di cavallo” con queste creazioni ideate appositamente per gli animali. Poiché le competenze ortopedico-veterinarie per comprendere fino in fondo i vantaggi di queste surreali proposte non sono in possesso di molti, forse si deve semplicemente accettare il prodotto di questo insolito estro creativo e del suo altrettanto insolito destinatario, senza farsi troppe domande.
Ma tralasciando eventuali valutazioni di comodità e praticità, il vero e centrale punto interrogativo di questa “innovazione” attiene più che altro il motivo che possa spingere qualcuno a ritenere utile un prodotto di questo tipo. Di certo la moda non si basa sull’utilità: non si acquistano pezzi di sfilata da migliaia di euro perché se ne apprezza l’incredibile vantaggio in termini di semplificazione delle mansioni quotidiane. Piuttosto quello della moda è un inevitabile fascino esercitato da un mix di sapiente storytelling dei brand, modalità di presentazione ai limiti dell’ipnosi e desiderio di appartenere a una determinata cerchia. Ma, di nuovo, dentro quale cerchia si può voler entrare ordinando un paio di sneakers personalizzate per il proprio cavallo? Se è vero che il gioco portato avanti dalle astute (e manipolatorie) tecniche di marketing ha ormai totalmente irretito il pubblico – il fatto di continuare ad acquistare smartphone assolutamente identici tra loro che differiscono solo per l’aggiunta di uno zero finale al prezzo vi dice qualcosa? – è anche vero che questo gioco sta forse portando la moda ad allontanarsi un po’ troppo dal concetto di utilità che, se anche solamente accennata, dovrebbe pur esserci. Il concetto opposto, cioè la futilità, sta infatti prendendo sempre di più il sopravvento, senza che nessuno se ne renda conto, effettivamente. È importante ripeterlo: non si parla di un’utilità in senso assoluto, ma quantomeno quel tocco che basta per far rientrare l’acquisto nella sfera della razionalità, o della decenza.
Gli esempi di Pet Fashion sono sicuramente innumerevoli: Gucci ha da poco lanciato la collezione Gucci Pet che si allinea perfettamente al mood tra il vintage e il bizzarro che ormai caratterizza il brand guidato da Alessandro Michele. Tra i pezzi della collezione, oltre a collari, pettorine e guinzagli (tutti logati nel tessuto GG Supreme) che in modo piuttosto scontato ci si aspetta in un lancio di questo tipo, si trovano anche un lettino nella fantasia “Radura”, disponibile in sole quattordici settimane, che ricorda un divano con tanto di lavorazione Chester – volendo anche in una versione tempestata di G tridimensionali – e una ciotola con un regale copriciotola che richiama una cloche con un frutto come manico. Con un tono decisamente più ironico che (forse) rende questa esplorazione dell’inutile maggiormente allineata ai toni umoristici del brand che la ha realizzata, la collezione Pet di Moschino, lanciata qualche mese fa, è invece un esempio di “transfer estetico” in cui una serie di cuccioli hanno l’opportunità di diventare fedeli repliche dei padroni grazie a bomber, hoodie e biker jacket da veri portatori sani di maxi loghi, sebbene a quattro zampe. La dose di ironia che suggerisce la linea di Jeremy Scott è forse la chiave di lettura più giusta per approcciarsi a questa wunderkammer del superfluo perché aiuta a ricordare che, nonostante la moda sia sempre vissuta, almeno internamente, con la stessa attitude di chi ha la responsabilità di salvare il mondo, dopotutto è meglio sdraiarsi sul proprio divano broccato, in tinta con quello del cane, e non prendersi così sul serio.
Uno degli aspetti più affascinanti della moda è sicuramente la libertà creativa che permette di realizzare tutto ciò che la tecnica moderna è arrivata a consentire. Questa creatività è di certo da sempre molto apprezzata quando è sostenuta da un messaggio e da un racconto che sono frutto di un’analisi sociale che rendono quindi l’eventuale inutilità di un capo o di un accessorio irrilevante di per sé perché finalizzata a uno scopo. La futilità assoluta che poteva essere considerata come un limite oltre il quale sarebbe potuto essere meglio non spingersi, non è però più considerata come tale, evidentemente. Ma qui si sta dimenticando una delle motivazioni principali che spinge moltissimi brand a fare le proprie scelte, soprattutto per gli earned media che ne conseguono, che è rappresentata dall’illimitato potere dei meme. L’avvento di internet e soprattutto dei social media ha infatti generato questo fenomeno che potrebbe ormai essere classificato come una reazione sociale a qualsiasi tipo di evento e di notizia. La versione meme di una foto o di un video, che possa essere di una sfilata o di un’apparizione in TV poco importa, accompagna le vite di tutti che lo si voglia o meno. Tutto ciò ha un potere comunicativo smisurato e sicuramente anche la Pet Fashion con le sue proposte vicine al teatro dell’assurdo si presta – come tutto d’altronde – a entrare in questo tourbillon di reference tra il trash, il comico e il grottesco.
A conclusione di questo resoconto preme fare un’ultima riflessione: magari pensare a quanto la moda sia attenta a creare qualcosa che non perda il suo legame con l’utilità ha una connotazione decisamente troppo romantica, perché, nella fattispecie, ciò che caratterizza più propriamente la Pet Fashion sono sicuramente i grandi guadagni. A partire dal 2020 infatti, il settore ha prodotto entrate che hanno superato gli otto miliardi di euro e le stime degli esperti prevedono che queste cifre possano superare i quattordici miliardi nel 2028. Altro dato che conferma questa tendenza in costante crescita sono i social: solo su Instagram, per esempio, l’hashtag “dog fashion” ha oltre due milioni di post. A pensarci bene quindi bisognerebbe forse mettere da parte qualsiasi tipo di romanticismo e cominciare a investire in un brand di cappotti e accessori per cani, scelta non così bizzarra, dopotutto, vero?