Costa tutto tantissimo
Dalla collezione Palace Gucci ai rincari di Zara, la moda non è mai stata così cara
24 Ottobre 2022
Giacche in shearling a 9500€, jeans a 2200€, felpe ricamate a 4900€. Non sono bastati l'hype e la portata storica della collezione firmata Palace e Gucci a far accettare un listino prezzi quasi in contraddizione con l'essenza stessa dello skate brand londinese, entrando in una dimensione luxury sconosciuta (e inaccessibile) ai più.
Qualche giorno fa era stato Mark Boutilier, creator ed esperto di moda molto seguito su TikTok, a mostrare la capsule di Bode dedicata ad Halloween, il brand fondato da Emily Bode specializzato in menswear di altissima qualità, fatto a mano e con tessuti di recupero. Una perla rara, insomma, con prezzi che entrano di diritto nel settore lusso. Una dicotomia che non ha risparmiato la mini collezione realizzata per il 31 ottobre, in cui anche la classica T-shirt arancione con il profilo della zucca costava 190$. Per gli standard di BODE si tratta di un prezzo anche piuttosto basso e sicuramente figlio di una certa manifattura, ma per una maglietta da indossare una sera, e di cui si trovano versioni molto simili a prezzi molto più economici, ne vale davvero la pena? Per molti sì, visto che le T-shirt sono sold out.
@mark_boutilier What do you think of this collection? #halloweencostume #fashiontok #bode #greenscreen Spongebob Tomfoolery - Dante9k Remix - David Snell
Il sold out delle magliette di Bode - e di molti item della collezione Palace Gucci - rivela la presenza di una fetta di pubblico disposta a spendere tendenzialmente qualunque cifra pur di acquistare un pezzo di un marchio che ama, che rappresenta un certo immaginario, un sistema di valori in cui si riconosce. Cosa spinge un consumatore a fare un determinato acquisto è un argomento di cui si sta discutendo molto negli ultimi mesi, in concomitanza con un aumento dei prezzi che sta interessando la moda tutta, dal luxury al fast fashion. È almeno dall'estate 2021 che i giganti del lusso parlano apertamente di un incremento dei prezzi. Bottega Veneta, Louis Vuitton, Chanel, Gucci, nessuno era rimasto immune alle problematiche legate alla filiera produttiva, al costo delle materie prime (con il prezzo di cotone e cashmere ai massimi storici), alle spese energetiche, al trasporto internazionale, e via dicendo.
Secondo il sito di analisi e marketing EDITED, i prezzi medi globali del lusso sono ai massimi da quattro anni. Si tratta di un aumento del 7% rispetto al 2020 e del 25% rispetto al 2019. L'outerwear femminile è la categoria più costosa, con un prezzo medio di 3395$, responsabile di un aumento del 20% rispetto al 2019. I prezzi delle sneaker nelle collezioni uomo sono aumentati del 10% in confronto al 2019, ed è Louis Vuitton a portarsi a casa il titolo per le sneaker più care. Ma anche prodotti più "basici", che a parte accessori e profumeria, potevano rappresentare un primo accesso al mondo del lusso per chi non ne faceva ancora parte sono diventati proibitivi. Quattro anni fa una T-shirt di cotone con il logo di Prada costava 740$, oggi ne costa 924$. La classica maglietta con il logo di Balenciaga era venduta a circa 595$, oggi si arriva a 650$. Questi aumenti stanno interessando, e parecchio, anche il settore delle It Bag. Oggi una borsa da donna di un brand luxury negli Stati Uniti costa in media 2475$, corrispondente ad un aumento del 27% rispetto al 2019. Con buona pace di Telfar.
Nonostante i rincari, gli attori più importanti dell'industria del luxury si sono detti ottimisti sulle vendite del 2022, a riprova dell'esistenza di un bacino di consumatori per cui i rialzi non costituiscono uno spartiacque tra l'acquisto di un bene di lusso o meno. Ma come scriveva BoF l'estate scorsa: "Le aziende che sperano di ridurre gli sconti ed alzare i prezzi sul lungo termine devono elevare anche i loro brand. Devono dare ai consumatori un motivo per acquistare i loro prodotti."
Gli aumenti potrebbero non essere accolti altrettanto placidamente nel settore fast fashion. Secondo un'analisi della società Lectra, in Europa l'aumento dei prezzi per retailer come Zara, Uniqlo e Mango corrisponde all'8% annuo. La punta di diamante del gruppo Inditex, Zara, ha messo in campo un aumento dell'11%, arrivando ad un prezzo medio di 40€. La polarizzazione è ormai evidente, e almeno al momento, sembra essere ad un punto di non ritorno. Da una parte Zara o Massimo Dutti hanno portato avanti un rebranding che vuole posizionarli lontani dal fast fashion. Store ordinati e ispirati al design delle boutique, rincari, collezioni considerate più high-end, qualche promessa nel campo della sostenibilità: tutto concorre a cambiare la percezione di questi marchi, facendoli avvicinare ad una fascia più alta. Dall'altra parte ci sono Shein e Primark e tutto quel fast fashion risultato di uno sfruttamento intensivo, di persone e territorio, che viaggia a cicli velocissimi, insostenibili, ma che per migliaia di persone resta l'unica opzione possibile per lo shopping.
Lo scollamento è tale che per sempre più persone la moda "alta" rappresenta già un mondo inaccessibile e irraggiungibile, diventando così un semplice produttore di contenuti, immagini e momenti (vissuti comunque a distanza), ma non di prodotti, che restano inavvicinabili.