Quel che resta del Y2K
La rivincita del minimalismo anni ‘90
14 Ottobre 2022
Quando sul finire del 2021 Miuccia Prada ha presentato la collezione SS22 di Miu Miu, il mondo della moda ha deciso di dare una seconda vita al millennium bug passato alla storia come Y2K. Fenomeno partito dal basso dei nostri pollici pronti a editare quei centimetri di pelle coperti da un sottile strato di denim low rise, l’hashtag #Y2K ha raccolto ben 9,9 miliardi di visualizzazioni su TikTok. Di conseguenza non è stato necessario attendere molto tempo per vedere il Y2K affermarsi come il principale macro trend per buona parte del 2021 e del 2022, allestendo l’asset mediatico dell’editoria digitale (e non) e determinando il priming di news e feed.
Il punto è che, in realtà, il Y2K non è stato l’unico motore trainante di mood board e tendenze che sono andati a definire il nostro immaginario estetico di riferimento. Ad alimentare passerelle e dimensioni più “private” - TikTok è di nuovo il campo più interessante per la diffusione e l’esplorazione di estetiche ascrivibili a subculture e periodi di riferimento diversi - ci hanno pensato la disinvoltura dell’Indie Sleaze (2006-2013 circa), i colori della sottocultura Scene e il vibe da bambina innocente dell’estetica Twee. Scenario peraltro complicato dal trend McBlling, mondo parallelo al Y2K che ha fatto del rosa e degli strass il suo manifesto di scisma dal fratello maggiore e che ha raggiunto una sua piena maturità con la collezione FW22 di Valentino, la PPP Collection. Usando il rosa come rilettura di un colore chiave nel tracciare la storia della maison di moda romana, Pierpaolo Piccioli ha scritto una delle pagine più coinvolgenti a livello narrativo (e di riscontro economico) per Maison Valentino. Eppure, guardando agli ultimi show presentati durante il fashion month sparso tra le città della moda, il trend del Y2K sembra aver subito un chiaro ridimensionamento. Se da una parte la nostalgia potrebbe essere stata la causa primaria della sua esplosione, parlare di throwback risulta ancora piuttosto riduttivo.
Il Y2K è andato a intercettare uno statement ben radicato nell’aria, prestandosi a processo interpretativo per una narrativa orientata sull’esaltazione del sexy e calato in una dimensione sostanzialmente queer. Per uno strano quanto prevedibile gioco del destino, è di nuovo l’operato di Miu Miu a rimodulare il discorso e a tenere sigillato lo Zeitgeist: se vita bassa e minigonne striminzite sono stati gli ingredienti che hanno reso virale la silhouette da scolaretta ribelle di Miu Miu con la collezione SS22, la SS23 ha ulteriormente affinato i codici del minimalismo anni ’90 per dare forma alla nuova uniforme pensata da Miuccia Prada. Le minigonne diventano così cargo e quelle più lunghe plissé includono un marsupio d’ispirazione workwear, mentre le scarpe hanno assunto la forma (disturbante?) di un ibrido tra infradito e stivali. La triade sembra insomma comporsi di underwear in bella vista, abbigliamento formale più o meno sovrapposto con l’utility e una dose di disruptive sexiness che sarà destinata a trainare ancora i trend di mercato. Quello che colpisce, però, è il fatto che anche i brand il cui DNA è essenzialmente legato all’estetica Y2K stanno riformulando visioni sganciabili da quel patrimonio genetico. Blumarine, in occasione dello show per la collezione SS23, ha sostituito farfalle e glitter con una silhouette sinuosa e aderente da sirena. Un susseguirsi di item sexy in jersey lussuoso ha scolpito ogni curva del corpo, sbocciando in strascichi lunghissimi che si sono allungati sul pavimento sabbioso del set della sfilata, disseminato di conchiglie e immerso in una luce blu acquario. «Non voglio nemmeno più parlare della questione Y2K» ha dichiarato con sicurezza Nicola Brogano a Vogue.
Seppure il denim sia il terreno più fertile per tutta la wave che esplora le contraddizioni degli anni 2000, da Dolce & Gabbana è diventato il pretesto per rileggere i codici del brand - fra i primi ad aver conferito autorità allo strappato superando i confini tra moda elitaria e cultura pop - in una sorta di minimalismo funzionale che è stato il protagonista della collezione SS23 menswear. Minimalismo che ha trovato una sua chiave di lettura in una collezione-mostra (la SS23 womenswear) a metà fra l’astratto e l’erotico curata nientemeno che da Kim Kardashian in cui corsetti, abiti bustier e crop top sono stati gli elementi stratificati con cui Stefano e Dolce hanno scavato all’interno del loro archivio personale. Appurata dunque la frammentazione delle estetiche dopo la prima ondata di Y2K ravvisabile nella miriade di trendcore esperibili su TikTok e la riproposizione di silhouette piuttosto drammatiche declinate secondo un'interpretazione più o meno glamour, è quantomeno intuibile ricostruire uno scenario in cui il minimalismo anni ’90 agirà come cornice evolutiva di quel sexy che tanto ha animato le scorse stagioni. D'altronde che «questo non è il momento per una moda senza significato» l’ha detto Miuccia Prada.