Perché la moda ha ripreso a viaggiare
E perché non dovrebbe
27 Luglio 2022
Dopo un triennio pandemico fatto di restrizioni, isolamento e crisi finanziaria, la libertà non è mai stata così dolce. Lo dimostrano i trend in fatto di abbigliamento, che dalla vibe party chic di inizio anno hanno abbracciato la holiday season con l’impennarsi delle temperature, così come le location scelte dai brand per i propri show, che dopo un periodo di costrizioni georgrafiche sono tornati a svolgersi negli angoli più remoti del globo, all’insegna dell’esotismo. L’ultimo report di Lyst testimonia come i marchi e gli acquirenti abbiano tratto il meglio dai viaggi internazionali, rivelando il ritorno di un guilty pleasure che la moda in fondo coltiva da sempre: l’escapismo. I dati dimostrano come la rivendicazione di un momento memorabile in una location altrettanto memorabile abbia un valore, economico e di immagine, enorme per le maison: Dolce & Gabbana ha scalato 7 posizioni nell'Index dei venti brand più ricercati con un'impennata delle ricerche del 114% dopo il matrimonio Kardashian-Barker a Portofino; Dior si conferma in sesta posizione con l’ultima runaway d’ispirazione fiesta a Siviglia, mentre Jacquemus si è aggiudicato il 20° posto dopo una FW22 total white nelle montagne saline di Arles. Allo stesso tempo gli item più venduti del momento sembrano stati scelti pensando al guardaroba da vacanza perfetto, dai pantaloncini di seta di Casablanca al cappello a secchiello colorato all'uncinetto di Miu Miu, fino alla tote-bag di rafia targata Loewe. Eppure, l’entusiasmo per la ritrovata mobilità è dilagante ma problematico, se teniamo conto di quanto l’ambiente ne risenta, sulla scia di un dibattito ecologico che risale al pre-pandemia.
L'idea che i marchi con sede a Parigi e Milano facciano volare modelle, stilisti, fotografi, giornalisti, influencer e celebrità in giro per il mondo per sfilate da 15 minuti è sempre più difficile da giustificare. BOF evidenzia come persino Antoine Arnault, così come Giorgio Armani ancor prima, abbia messo pubblicamente in discussione la pratica: «Portare mezzo mondo della moda a Rio per 48 ore per una sfilata cruise è stato bellissimo, ma forse un po' troppo», ha dichiarato a Bloomberg nel dicembre 2020. Esemplare il caso di Bottega Veneta lo scorso anno, criticata per l'insensibilità al Covid trapelata nel filmato di un afterparty affollato al Berghain, senza mascherine. Ciononostante Louis Vuitton, Chanel, Saint Laurent sono tornati a organizzare eventi internazionali stravaganti al di fuori del calendario delle settimane della moda. Non solo sfilate ma anche esperienze di lusso destinate ai top client delle maison (detti anche VIC), che, nonostante i costi, sia finanziari che ambientali, sembrano ripagare ogni sforzo. Eventi tailor-made al di fuori del trambusto delle Fashion Week canoniche capaci di creare un buzz mediatico di proporzioni enormi e allo stesso tempo arricchire la narrazione attorno ai brand mettendo in risalto le tradizioni artigianali locali, accrescendo la loro credibilità culturale e allineandosi a luoghi storicamente significativi, attraverso lo storytelling virale degli influencer. Una strategia cara a Dior che per quest'anno ha scelto Siviglia e Firenze, mentre Chanel ha optato per Monaco e Gucci per la Puglia.
Le località turistiche sono teatro dell’apertura continua di nuovi store - Etro da Puerto Banùs in Spagna, Balenciaga a Saint Tropez, Marni a Forte dei Marmi - e le linee di prodotti pensati per la spiaggia si moltiplicano. Sotto la guida di Camille Miceli, da lungo tempo responsabile del merchandising degli accessori di Vuitton, il marchio dovrebbe infatti riproporre le sue colorate stampe su abiti da festa estivi, copricostume da spiaggia, borse e sandali, mentre le tote bag in rafia di Prada e Loewe si rivelano ancora tra i prodotti più amati dell’anno, così come le ciabatte monogram di Gucci o le slides Nike Air Max 90. L’estetica vacanze, sia che esse abbiano luogo in qualche meta esotica e sperduta o tra le rassicuranti coste del mediterraneo, si sta rivelando un ambito di grande crescita per i brand di lusso, perché contribuisce a vendere l’aspirazione di una vita in vacanza lontana dai ritmi frenetici della società e lontano dall’incubo pandemico che ci ha costretti per anni tra quattro mura di cemento. Eppure, prima o poi dalle vacanze dovremo pur tornare.