Estremo è bello: storia dei piercing nella moda
Da simbolo di ribellione a ossessione post-grunge dei designer
14 Luglio 2022
Che si tratti della sovversione punk di Vivienne Westwood o dell’estetica post apocalittica di Balenciaga, la moda ha esplorato le sottoculture assorbendone i codici stilistici, talvolta svuotati del loro originario messaggio di sovversione, talvolta sfruttati come manifesto ideologico proprio per la loro accezione semantica. E se c’è un simbolo che ancora oggi denota l’appartenenza a una sottocultura, che sia emo, punk o gabber, è il piercing, il protagonista assoluto dell'ultima sfilata di Jean Paul Gaultier disegnata da Olivier Rousteing durante la settimana della moda parigina, in cui enormi nostril hanno evocato l’iconica catwalk tribale SS94 dell’enfant terrible. Septum, nostril, labret, smiley, cheek: ne esistono di tantissimi e possono ricoprire le più disparate parti del corpo. Nella moda non solo adornano i volti efebici di modelle e modelli, ma possono diventare anche un’applique su felpe, maglie, borse e cappelli, conferendo ai capi quell’allure post-grunge che tanto piace a designer del calibro di Demna Gvasalia, Riccardo Tisci, John Galliano, Thom Browne, Alessandro Michele, Jonny Johansson, Martin Margiela.
Dall’inglese to pierce (perforare), il piercing, molto prima di diventare simbolo di sovversione, è stato emblema di appartenenza e differenziazione: peculiare delle tribù africane con lo scopo di distinguere i ruoli assunti dai vari individui nel quotidiano e nelle cerimonie, oltre che pratica diffusa in contesti religiosi e spirituali, sessuali ed erotici e non solo per semplice tradizione. Alcune comunità erano solite fare piercing ai genitali come simbolo di fertilità, ma anche per aumentare il piacere sessuale, altri per proteggersi da demoni e spiriti maligni, altri ancora per designare il passaggio dall’età infantile all’età adulte nei giovani uomini. Durante la tratta degli schiavi, le donne cercavano di forarsi più parti del corpo possibile, dilatando anche lobi e labbra per depistare i “compratori” che erano soliti sceglierle per la loro bellezza. Per i marinai invece, era norma comune indossare piercing d’oro: si credeva che il gioiello avrebbe riportato a galla il corpo in caso di naufragio e che allo stesso tempo sarebbe servito a ripagare eventuali spese funebri in caso di morte improvvisa. Ad oggi, il piercing viene ancora utilizzato a scopo religioso in alcune parti del mondo mentre nella cultura occidentale, il gioiello ha perso la sua valenza rituale rimanendo uno strumento funzionale alle pratiche bdsm o semplice accessorio, tanto amato quanto odiato.
Accanto all'ossessione della moda per i tatuaggi, i piercing occupano sicuramente un posto di rilievo. L'amore della fashion industry per l'accessorio ha raggiunto l'apice alla runaway maschile dell'autunno 2016 di Alexander McQueen a Londra, in cui i modelli hanno sfilato con spille da balia conficcate nelle guance. Un appassionato di questo tipo di modificazione corporea è Riccardo Tisci che da Givenchy ha esplorato l’estetica dei septum già nel 2012, mentre nell'autunno 2015 i piercing si sono moltiplicati esponenzialmente, fino a sfociare in una collaborazione con la make up artist Pat McGrath in un look goth-tribale composto da perle, pizzi e gioielli nella primavera del 2016 a New York. Diversamente Chanel per la SS12 ha scelto di crearne una versione brandizzata così come Gucci la scorsa stagione.
Mentre gran parte della fashion industry si rivolge a professionisti come J. Colby Smith, Kate e Laura Mulleavy hanno arricchito le sopracciglia delle modelle con file di piccoli orecchini a cerchio per la sfilata di Rodarte della primavera 2015 e Dries Van Noten ha presentato a Parigi il suo beauty look con piercing finti: una linea metallica dorata tracciata al centro del labbro inferiore per simulare un vertical labret. Tra i designer che hanno preferito ricollocare i piercing dai volti ai capi invece, una menzione d’onore va a Marni by Francesco Risso, fonte infinita di mocassini, mary jane, stivali e dall’ultima collezione anche camicie di seta ricoperte di anelli sottili, allo stesso modo Balenciaga ha spesso utilizzato i piercing come il septum o il nostril per decorare cappelli da baseball e camicie. Con il revival Y2K invece la moda ha riscoperto le Piercing bag di Galliano per Dior, che oggi al retail hanno visto duplicato il loro prezzo originario, simbolo di in un periodo in cui il brand francese aveva un allure dark e hardcore e la classica saddle bag ricoperta di catene e metallo sembrava l’accessorio perfetto per un concerto metal.