Perché indossare l’abito senza maglia è diventato cool
Il formal wear continua a cambiare forma
08 Luglio 2022
Sexy, immediato, coperto il meno possibile: è la sensazione che si ha scrollando superficialmente gran parte del menswear contemporaneo. Se i centimetri delle minigonne, delle camicie e dei top hanno trovato una nuova dimensione espressiva nel womenswear post Miu Miu - la collezione SS22 è sicuramente la più rilevante in termini aspirazionali e di trend - anche il menswear ha iniziato a eliminare il superfluo. Via le camicie da sotto agli abiti formali, via i bottoni troppo stretti, via tutto quello che è stato il retaggio di questioni non del tutto risolte: cravatte, nodi, cinture. Tutto ciò che, metaforicamente parlando, ha tenuto ben imprigionata una certa idea di mascolinità.
Non che la questione sia esclusivamente riconducibile ai costrutti sociali legati al genere, la vera sfida per i designer è riuscire a ricreare delle silhouette sempre più riconoscibili. E, in questa continua (de)formazione del corpo - altro tassello recuperato dallo scenario post pandemia - l’immaginario maschile ha cominciato a mettere in discussione l’abito così come siamo stati abituati a vederlo. Nel 2018 Jay-Z è rimasto a petto nudo con un doppiopetto di Peter Pilotto nel video musicale di Apeshit. Harry Styles si è esibito ai Grammy Awards del 2021 con un abito in pelle di Gucci e un boa di pelliccia sintetica verde. Lil Nas X l’ha indossato così tante volte, che si rimarrebbe stupiti del contrario. E persino Tom Holland l’ha sfoggiato a febbraio 2021 in copertina su Esquire, con indosso un completo di Prada. Il punto è che in realtà gli abiti senza camicia hanno una storia molto più lunga e articolata: Jean-Paul Gaultier con la sua prima collezione maschile nel 1983, così come l’operato di Raf Simons nel corso degli anni ’90 o quello di Vivienne Westwood, utilizzavano l’abito senza camicia come stratagemma sovversivo per dare autorevolezza alle subculture underground.
E, ben prima che le passerelle ne dimostrassero il potenziale espressivo - Maison Margiela SS16, Dries Van Noten SS17, Alexander McQueen AW18, Zegna SS19 tanto per fare degli esempi - era prassi comune trovare cantanti rock o punk con indosso un abito senza camicia, spesso a petto nudo. Nel frattempo le subculture si sono amplificate e ne sono nate di nuove: non è un caso che i soft boy abbiano cominciato ad abbigliarsi con tinte pastello, gioielli e blazer senza camicia. Uno fra tutti Timothée Chalamet che, durante l’ultima edizione degli Oscar, ha indossato un blazer sparkling da donna Louis Vuitton senza la camicia. Processo avviato da Kim Jones nelle vesti di direttore creativo di Dior Home a partire dal 2018, la sua decostruzione del menswear ha preso le pieghe di una silhouette scevra da marcatori di genere, seguendo una precisa palette cromatica. Sulla stessa linea d’onda ha agito Silvia Venturini da Fendi che, già con lo show SS22, aveva riletto il guardaroba maschile sotto forma di blazer cropped senza camicia. La questione è dunque destabilizzante nel profondo: se da un lato il menswear continua a proporre e produrre blazer nel senso più classico del termine - basta guardare i primi look dello show SS23 di Prada per rendersene conto - dall’altra sta sperimentando forme di design e di styling che eludono il senso di sicurezza del formale. Sicurezza da cui ha deciso di prendere le dovute distanze Thom Browne che, con l’ultimo show, ha portato in scena un blazer abbinato a una sorta di reggiseno in tweed. Diventato virale come i modelli con indosso i jockstrap, in realtà di sovversivo c’è ben poco: quello di mettere in dubbio l’abito formale nei suoi componenti è piuttosto l’avamposto di una tensione narrativa che continuerà ad animare passerelle, moda e società.