Il mistero della fede secondo la moda
Perché la Chiesa è il primo brand del mondo
30 Giugno 2022
Sebbene i cattolici praticanti siano a tutti gli effetti una specie in via d’estinzione, la fascinazione esercitata dalle icone ecclesiastiche sull’immaginario degli stilisti non ha perso la sua forza vitale. L’iconografia cattolica è ovunque: dai rosari, alle effigi della Madonna, agli ex-voto di cuori fiammeggianti che costituiscono le basi dell’identità stilistica di D&G e che hanno definito per anni l’italianità agli occhi del mondo, all’estetica monacale di Demna Gvasalia nella campagna FW21 con Justin Bieber in tonaca, passando per i più recenti slogan sulla trinità firmati Praying e le papesse di Mowalola. Che lo Spirito Santo si manifesti in maniera austera, richiamando l’immaginario disadorno dei frati francescani con linee semplici e luttuose, o che si concretizzi in un tripudio di opulenza d’ispirazione bizantina, la moda ha più volte attinto dalla dimensione sacra per creare qualcosa di molto profano.
In primo luogo, ci sono quei designer che sono (o sono stati) effettivamente cattolici – Elsa Schiaparelli, John Galliano, Riccardo Tisci, Christian Lacroix, Coco Chanel, Jeanne Lanvin, Norman Norell o Thom Browne - e poi c'è chi ha semplicemente tratto ispirazione dal mistero della fede, senza prendervi parte in prima persona. Nel 1996, Ambientata alla Christ Church di Spitalfields, Londra, la collezione intitolate “Dante” di Alexander McQueen prevedeva una passerella a forma di croce, un organo come colonna sonora e modelle vestite con veli di pizzo nero e maschere con l’applique di un crocifisso. Una delle modelle indossava la versione di McQueen della corona di spine di Gesù Cristo, una eco della collezione del 1938 di Elsa Schiaparelli intitolata "Pagan" e da cui probabilmente ha tratto ispirazione Tiffanny per la tiara custom made destinata a Kendrick Lamar. Per la Couture della SS07 di Gaultier invece, ogni donna a sfilare era l'incarnazione della santità: aureole, volti dipinti come statue di gesso, abiti ispirati all'arte devozionale. Quelli che sembravano cappucci monastici erano in realtà stole che scendevano a strascico o pizzi comunemente usati per decorare i santuari trasformati in abiti aderenti. Per Versace Couture FW97, invece, un’atmosfera particolare ha tramutato l’ispirazione in premonizione, la sfilata non è rimasta nella storia solo perché i capi erano impreziositi da croci, ma anche perché è avvenuta solo una settimana prima della morte di Gianni Versace. Givenchy sotto la guida di Riccardo Tisci è stato un tripudio di riferimenti biblici: da sempre uomo di fede, il designer realizzò per la SS13 una serie di stampe grafiche sugli abiti, dal volto della Madonna all'effige di Cristo, mentre è diventata celeberrima la t-shirt con su scritto 'Jesus is Lord' del 2010.
La chiesa stessa intesa come luogo fisico è stata l’illuminazione per i setting di diverse catwalk che hanno cercato di riprodurre scenari di devozione, tra cui AW13 di Thom Browne dove l'odore dell'incenso e una passerella allestita con panche di legno e inginocchiatoi e le runaway di Gucci ai chiostri di Westminster e nel cimitero di Arles. Per non parlare di tutti quegli arcivescovi, cardinali, pontefici compresi, che nonostante un ruolo che imporrebbe l’astensione da un certo tipo di interesse verso i beni materiali, volenti o nolenti sono diventati delle vere icone di stile, compreso Benedetto XVI e le sue scarpette in velluto rosso, simboliche a suo dire del martirio in senso liturgico ma che si diceva fossero di Prada. Era il 1999 quando Galliano fece sfilare un prete cattolico, apparso sulla passerella con un aspetto particolarmente minaccioso, probabilmente il risultato di qualche trauma infantile dello stilista. Nel 1939 Elsa Schiaparelli pensò di decorare un abito con delle chiavi incrociate (stemma della Santa Sede), da allora la moda ha instaurato con il Cattolicesimo un dialogo continuo fatto di simboli, spunti e suggestioni, che ricevette la sua nobilitazione formale in occasione del Met Gala del 2018 a tema Heavenly Bodies, in cui le celebrities e gli stilisti hanno esplorato e celebrato il tema (Zendaya come Giovanna D’Arco, Alessandro Michele protagonista di un trittico con Jared Leto e Lana Del Rey, Rihanna nei panni di Papessa).
Il legame ancestrale che lega l'abbigliamento alla religione si potrebbe ridurre ad un semplice assunto: le capitali della moda, Parigi e Milano, sono storicamente cattoliche. Negli anni '50 Cristóbal Balenciaga Eizaguirre, spagnolo d'origine, ispirò la Francia con i suoi capi che traevano origine dall'iconografia cattolica con cui era cresciuto: dai drappi rossi delle vesti papali agli opulenti velluti della Senta Sede. Sin dall’inizio dei tempi l’essere umano si interroga sulla propria esistenza, sulla propria natura, sul senso delle cose, senza tuttavia trovare una risposta che vada oltre la ‘fede’, l’atto di affidarsi ad un’entità superiore e supposta della cui esistenza non si ha alcuna certezza oggettiva. Dal I secolo l’uomo ha sopperito al mistero che lo attanaglia costruendo un sistema valoriale e simbolico che ancora oggi, nonostante risulti spesso controverso e anacronistico, influenza le nostre vite, dalla politica alla società, passando per il guardaroba: la Chiesa è il primo brand mai creato dall’uomo, forse con un piccolo aiuto dall’alto.