Perché Gucci sta rinnovando la sua strategia commerciale
Maria Cristina Lomanto è il nuovo capo del merchandising
28 Giugno 2022
Gucci è uno di quei brand che porta il peso di aver trainato per decenni i cambiamenti all’interno dell’industria della moda. L’ha fatto con Tom Ford, con Frida Giannini e in maniera ancora più incisiva con Alessandro Michele a partire dal 2014. È diventato un marchio così riconoscibile nel tempo da aver chiuso il 2021 con un fatturato pari a 9,73 miliardi di euro. E ora si trova a fronteggiare una fase di transizione dovuta a un calo nelle vendite particolarmente cruciale per il menswear e determinante per il mercato della Cina. Da qui l'arrivo di Maria Cristina Lomanto chiamata a coordinare le attività legate a Collection e Retail Merchandising, Visual Merchandising, Beauty ed Eyewear Licensing, e Retail Training.
Una nuova configurazione creativa che risponde ad una crisi partita dalla Cina, il paese che da sempre ha sposato con entusiasmo l’idea di lusso plasmata da Alessandro Michele. L’epicentro di queste problematiche potrebbe essere legato ad una stanchezza generale da parte del pubblico verso l’immaginario estetico esplorato da Gucci, unito a un significativo aumento dei prezzi per i consumatori cinesi rispetto a quanto potevano spendere durante i viaggi in Europa prima della pandemia. Crisi che si è particolarmente riversata sui profitti del menswear, sotto l'anestesia di un more of the same che non basta più a tenere vivo il mercato del lusso. Pur avendo riacceso un entusiasmo generale con lo show Cosmogonie a Castel Del Monte, Gucci ha tentato di spostare l'attenzione sul menswear con la collezione HA HA HA - sono le iniziali dei due creativi che l'hanno disegnata, Harry Styles e Alessandro Michele - ripercorrendo, però, una strada già vista. È qui il nodo focale della situazione: se prima il brand di Kering era riuscito a tenere sigillato lo Zeitgeist di una generazione stanca di pregiudizi e restrizioni, parte della sua narrativa sembra essere in stand by. Così come a fare i conti con un'assenza di un'effettiva direzione creativa, c'è Louis Vuitton, bisognoso di una narrazione che sia in grado di oltrepassare il mito di Virgil Abloh.
Bisogno che trapela anche dalle ricerche di Danielle Bernstein (BoF), che ha osservato come sia cambiata la percezione di Gucci da parte dei consumatori: un tempo entusiasti della reinvenzione del marchio sotto l'operato di Alessandro Michele, stanno ora sperimentando una fase di stanchezza da «marchio sempre uguale a se stesso». Nonostante ci siano perplessità intorno alla figura di Maria Cristina Lomanto - ha lavorato da Prada come Leathergoods Marketing Director e come Miu Miu Retail Director, ruoli apparentemente distanti dalla creatività in senso stretto come evidenziato da Luca Solca in un articolo del BOF - la scelta potrebbe rivelarsi vincente dato che Kering, durante la giornata dedicata ai mercati dei capitali, aveva già dichiarato i nuovi obiettivi di Gucci: aumentare le vendite annuali fino a 15 miliardi di euro, mirando ad un target under 30 con accessori e pelletteria di lusso.