Il mondo degli skater californiani secondo Dior e Eli Russell Linnetz
Ieri Kim Jones e il designer di Venice Beach hanno esplorato il concetto di California Couture
20 Maggio 2022
Il vibe estivo e ipersaturo di Venice Beach, le silhouette oversize del pop-punk dei primi 2000, le strade gentrificate di Dogtown e il lungomare popolato da skater, hippies, surfisti e ogni genere di avventuriere con la pelle bruciata dal sole – era questo immaginario che Kim Jones voleva iniettare nella sua collezione SS23 di Dior Homme, per cui ha chiamato come guest designer il cool kids di tutti i cool kids: il lanciatissimo Eli Russell Linnetz che, dopo aver mietuto una serie di successi collaborando con alcuni dei migliori creativi della scena contemporanea e dopo aver visto diventare virale la fama delle sue creazioni negli ultimi anni, ha sbancato ora nel mainstream con la capsule co-disegnata con il brand. A Jones l’estetica di Linnetz e del suo ERL doveva piacere parecchio considerato come Linnetz sia uno dei finalisti dell’LVMH Prize di cui Jones è giurato e il cui vincitore sarà annunciato a giugno. Non di meno, la riuscita della collezione è fuori discussione, con i linguaggi dei due brand che si sono mescolati senza apparente soluzione di continuità ripescando un lato di Dior, quello degli anni ’90, con reference all’epoca di Gianfranco Ferrè e alla sua couture troppo spesso dimenticata.
Citando il mondo del vintage e le tecniche dell’upcylcing i completi sartoriali erano rivoltati, con la fodera di seta delle giacche all’esterno e le cravatte indossate al contrario. Altri completi erano fuori misura, e sembravano citare quelli che si vedono ancora nei vecchi cataloghi di Christian Dior Monsieur, abbinati a monumentali sneaker à-la-Etnies ricoperte del famoso motivo a diamante Cannage che Dior normalmente usa per le borse Lady Dior ma che nelle ultime stagioni è stato traslato per giacche e, adesso, calzature si imprime su seta e pelle. Lo stesso Cannage ritorna sotto forma di trapunta in pantaloni, borse e giacco di eco-pelle. Una cappa portata con piglio drammatico dal modello preferito di Jones, Thatcher Thornton, e decorata dal tartan rosso che Linnetz aveva già ampiamente usato nelle sue collezioni, era una citazione sottile ma efficace sia alla collezione FW91 di Dior disegnata da Gianfranco Ferrè, dove Linda Evangelista indossò una lunga cappa rossa in un famoso look, che alla collezione Couture del 1992 e indossato da Karen Mulder. Altrove, le citazioni al Dior anni ’90 si sono sostituite a quella della FW00 di Galliano, con una maglietta che ricorda il famoso newspaper dress ma reimmaginandolo con una grafica simile a quella dei flyer dei concerti hippie mentre l’uso generoso di catene d’oro con il lettering del brand erano un’altra citazione agli anni di Galliano e a quei primi 2000 rappresentati, in front row, da Christina Aguilera.
Questa collaborazione, solo l’ultima dell’enorme repertorio di link-up a cui Kim Jones ci ha fatto assistere negli anni, rappresenta una specie di opposto speculare alla celebre collaborazione tra Louis Vuitton e Supreme della stagione FW17: se quella portava lo streetwear nel lusso, qui è il lusso a “scendere in strada” (letteralmente, dato che lo show era ambientato in una strada su Windward Avenue) e a ricreare virtuosisticamente gli staple dell’estetica di Venice Beach capovolgendo i completi, ricreando le texture lanute del mohair e dei jeans sfrangiati. Il virtuosismo messo in pratica da Jones e Linnetz si spinge fino a incrostare di paillettes e cristalli maglioni e pantaloni, a far assomigliare a un match di maglia e “male minaudiere” (ovvero una Saddle Bag ridotta a dimensioni microscopiche) a uno sbrilluccicante pompon da cheerleader seguendo la fascinazione di Linnetz per le texture alternative e iper-morbide. Sempre con in mente il vibe sportivo di Venice, c’erano maglie da ciclista, pantaloncini da corsa, serigrafie virate in blu sulle camicie che ritraevano i motociclisti e citazioni più letterali al repertorio di ERL come il maglione mohair in gradiente di colore e il puffer jacket con il motivo dell’onda.
A prescindere dal linguaggio e dallo scenario con cui Jones ha voluto rileggere l’heritage di Dior in questa stagione, esplorandolo attraverso le diverse sensibilità dei vari guest designer, rimane straordinaria la capacità che il designer ha di concentrarsi sul prodotto, di produrre item collegati dalla sua sensibilità comune, così equilibrata tra quotidiano e lusso, senza perdersi in stravaganze ma nemmeno senza fossilizzarsi mai. Ma soprattutto tenendo a mente che la moda non è una cosa astratta ma, anzi, assai solida, concreta, calata in una realtà dove il pubblico può apprezzarla e non perduta in chissà che remoto e fantasioso pianeta.