L’eco-punk di Glenn Martens nella collezione FW22 di Diesel
Denim, sperimentazione, sostenibilità
24 Febbraio 2022
Nel mondo della narrativa e della cultura esiste un sottogenere narrativo e tematico a metà tra il classico dieselpunk e l'immaginario post-apocalittico – una sorta di visione retrofuturista che mette insieme i film di Mad Max, i costumi del Burning Man e videogiochi come BioShock e Wolfenstein. A un simile tipo di estetica Glenn Martens ha voluto attingere per il suo ultimo show di Diesel che in un’atmosfera dai contorni allucinatori (musica elettronica, monumentali e provocanti sculture gonfiabili uscite da Blade Runner 2049, modelle dipinte di rosso o blu come alieni atterrati nel deserto di un film anni ’50) ha creato un nuovo storytelling per lo storico brand italiano fondato nel ’78 da Renzo Rosso e diventato una delle principali autorità mondiali sul denim.
Proprio il denim è stato il vero, grande protagonista della collezione – un materiale da cui Martens ha tirato fuori ogni pensabile potenzialità, danzando intorno all’idea di distressing e trasformando i segni dell’usura in una specie di iper-decorativismo che evoca insieme i primi anni 2000, l’avant-garde, i rave nel deserto del Nevada, l’estetica post-apocalittica e un approccio estremamente creativo e organico alla sostenibilità. Il tutto è emerso, nello show, come una visione estremamente coerente - imparentata con ciò che Martens ha già prodotto in passato con Y/Project ma anche radicalmente Diesel-iana, presente in un mondo a sé stante e non solo molto sicura della propria voce ma anche intrigante per le sue possibilità future.
Materiali grezzi, elementi utility, distressing calcolatissimo dei materiali e dei colori, trasformazioni artigianali, tinture crude e asimmetrie intervengono tutte per creare un’estetica molto precisa e definita che tradisce, in alcuni look, una certa sensibilità couture emersa il mese scorso nella collezione disegnata da Martens per Jean-Paul Gaultier. La sostenibilità entra in gioco sul piano della lavorazione, che è poi direttamente saldato a quello del design, con statement pieces artigianali creati ricostruendo e rimettendo insieme tessuti di scarto: denim distrutto ad arte al punto da sembrare pelliccia o trattato per assomigliare a lucido cuoio; item Peel Off composti di denim e jersey riciclato che creano una texture “scrostata”, capi creati a partire da denim, cotone ed elastane interamente riciclati e tinti in indaco senza acqua o leggerissimi abiti di organza riciclata.
Qui Martens ha dato all’industria una masterclass sul design sostenibile, riuscendo anche a interpretare un core element del brand per il quale disegna: la sperimentazione tessile è sempre stata parte di Diesel e ieri è stata portata al next level. Nel durante è stata introdotta anche una nuova linea collaborativa, realizzata insieme a Tejidos Royo, e chiamata Diesel Rehab Denim creata con filati prodotti a partire dagli scarti di produzione della sua stessa fabbrica. Il debutto di Diesel sulle passerelle sotto la guida creativa di Glenn Martens ha dimostrato che straordinari effetti possa creare una brand reinvention done right. È una visione nuova e soprattutto un’identità nuova e molto più radicale – capace però di portare il brand sul forefront della moda.