Abbiamo davvero bisogno dei social media per costruire una carriera creativa?
Chi lavora nella moda ha cominciato a chiedersi se abdicare da Instagram possa arrestare il proprio percorso
15 Febbraio 2022
A dicembre, CNBC ha confermato che esistono oltre due miliardi di persone con un profilo mensilmente attivo su Instagram e che 500 milioni di queste rinnovano quotidianamente la promessa fatta al tempo del primo login. Tra queste, l’industria della moda conta una numerosa popolazione di addetti ai lavori che oggi vivono sui social per lavorare, mentre l’idea di lavorare semplicemente per vivere risulta ancora molto lontana. E se da una parte ognuno di loro ha cominciato a considerare il profilo Instagram un portfolio digitale dal periodo pre-pandemia, la totale digitalizzazione del settore per sopravvivere agli stravolgimenti dell’ultimo biennio ha dichiarato ufficialmente Instagram il principale strumento di networking e autopromozione che uno stylist, un piccolo brand o un fotografo possa avere. Il risultato è stato che i creativi hanno cominciato a vivere in prima persona le conseguenze dei social media sulla salute mentale, come racconta Laura Bachmann, che su 1Granary ha intervistato alcuni di loro, a tal punto da chiedersi se abdicare da Instagram possa arrestare la propria carriera.
Una volta, le prime cose che venivano consigliate per prepararsi a un colloquio di lavoro erano «studia un discorso convincente», «punta sulle caratteristiche che ti rendono speciale» o «precisa che non hai molta esperienza, ma saresti una boccata d’aria fresca». Ora è molto probabile che qualcuno dica «sistema il feed»: basta pensare che nel CV quasi tutti coloro che sognano un futuro nella moda inseriscono il link a Instagram. Certo, non è l’unico, ma avere un bel profilo che risulti in linea con i codici estetici dell’azienda rappresenta a tutti gli effetti un requisito attualmente richiesto. Di conseguenza, è stato universalmente accettato che un dirigente o un superiore possa chiedere ai dipendenti di condividere il proprio lavoro sui social personali. Questo significa che nel periodo post-pandemia il portfolio digitale di un creativo è un elemento necessario per promuovere il proprio lavoro e dimostrare le proprie skill. I social hanno reso più democratico l’accesso a un settore di per sé ancora molto chiuso nel quale farsi notare e ritagliarsi uno spazio è ancora complicato per uno stylist, per un fotografo, o per un designer indipendente. In più, la digitalizzazione offre una maggiore possibilità di indipendenza, ed è anche per questo che i brand emergenti prediligono sempre di più i nuovi small business alternativi ai grandi investimenti dei colossi finanziari.
In questo scenario apparentemente positivo e progressista, il problema nasce quando il singolo si accorge di non poter fare a meno del profilo Instagram per proseguire il proprio percorso e di essere costantemente sottoposto al pressing di dover soddisfare le aspettative di un meccanismo che richiede di diventare lui stesso un brand. Nel meccanismo in cui un profilo «lavorativo» si sovrappone al lavoro principale, i parametri del successo non si misurano in base al gusto o al talento. Al contrario, escludendo siti di ricerca per professionisti dell’industria di moda come models.com, sono il talento e il gusto a essere valutati in base al successo sui social. Considerando che l’algoritmo di Instagram non è ancora tornato all’ordine cronologico, la visibilità di un profilo dipende dal comportamento dell’utente sul social network, dal tempo di utilizzo giornaliero al numero di volte che prende in mano il telefono per fare scroll-down. Ma i creativi in quanto esseri umani – e soprattutto in quanto creativi, sono portati a confrontarsi continuamente con gli altri: vedono i risultati delle prestazioni digitali come indicatori di gradimento e cominciano a sentirsi inadeguati, insicuri, costretti, scoraggiati, stressati.
Per questo negli ultimi tempi, molti creativi hanno espresso il desiderio di fare dietro-front e hanno valutato di tornare sui propri passi, eliminando i propri account o impostandoli su private. Ma i social sono ancora fondamentali per costruire una carriera creativa nell’era di Instagram, che poi non è altro che l’epoca della condivisione in tutte le sue sfaccettature. Restare online non esclude l’opzione di trovare una nuova stabilità mentale, di ridurre le ore giornaliere da passare nella home e di usare Instagram per dimostrare quello che davvero ci fa emozionare della nostra professione, senza escludere necessariamente la vita reale. Consapevoli che tra «sapersi vendere» o «vendersi l’anima» c’è una linea sottile.