Il normcore couture dello show FW22 di Dior Homme
Durante la sfilata è stata presentata la nuova collaborazione del brand con Birkenstock
21 Gennaio 2022
Oggi è andato in scena a Parigi lo show FW22 di Dior Homme con una collezione che si è fatta notare per un notevole sobering up rispetto al passato – guidato dalla trasformazione degli staple dell'archivio couture del brand in item di menswear. Si dovrebbe parlare più di una sfilata classica che di uno show, nel senso che lungi dal concentrarsi su trovate pirotecniche, set eccentrici e roboanti collaborazioni artistiche, c’era solo una passerella che replicava fedelmente, anche se su scala ridotta, il Pont Alexandre III di Parigi. La sobrietà non stava solo nel set-up della sfilata ma nella collezione stessa, dominata dai grigi, dai neri e dai blu: una palette che si è ispirata a quella del panorama parigino visto proprio da quel punto in una mattina d'inverno. Il mood molto parigino, come anche il recupero in chiave moderna di pezzi d'archivio, vuole richiamare le origini di Dior, la classicità dei suoi superbi design di couture, che incontra il rigore del tailoring inglese sintetizzandosi nella silhouette di una Bar Jacket per uomo. Una collezione in cui però il cui rigore la cui sostenutezza sartoriale è stemperata dalle vestibilità rilassate e, soprattutto dall'aria sportiva e utilitaria dei look e soprattutto dal nuovo clog collaborativo DIOR by BIRKENSTOCK, che praticamente tutti i modelli dello show indossavano.
Il fatto che il nuovo clog fosse presente su quasi tutti i look ne fa capire la centralità nella collezione, che ha messo per ora di lato sneaker e stivali, e si è concentrata invece in un pezzo che, per essere la più recente collaborazione di Dior, è così piacevolmente senza pretese e minimale da poter essere una delle potenziali hit dell’anno a venire in fatto di footwear. Non è un mistero che nel 2021 i mules sono esplosi, con la pagina @muleboyz che ha raccolto praticamente l’intera community di fan delle scarpe slip-on sotto un unico ombrello, e se si considera come lo shoe designer del brand, Thibault Denis, sia molto affezionato al classico Boston Clog che appare molto spesso sulla sua pagina Instagram, era solo questione di tempo prima che il brand ne producesse una versione. E, subito dopo lo show, le foto dei mules sono diventati immediatamente virali sui social, tanto da poterli definire come la breakout hit della collezione.
La cosa sorprendente, qui, è che il clog, rivisitato in questa nuova versione luxury (avevamo già visto le versioni di Rick Owens, di Valentino e di Jil Sander) che lo rende la chiave di volta di un discorso che ha, al suo centro, un normcore elevato, una specie di nuovo linguaggio-base fatto di abiti semplici come polo di lana, camice azzurre a righe bianche, loden e cappotti militari croppati in vita, pantaloni workwear o eleganti ma abbastanza morbidi da poterci andare in skate, dolcevita neri. Secondo alcuni il momento di attenzione che i clog stanno vivendo è una conseguenza del lockdown, che ci ha fatto affezionare troppo alle ciabatte; secondo altri è una reazione a una cultura delle sneaker troppo affollata e ramificata e che dunque si converte nella semplicità dei clog e di tutto quel footwear privo di lacci e classicheggiante che tanto è stato apprezzato negli scorsi anni. Su questa idea di normcore Kim Jones però costruisce un discorso sul nuovo ruolo della couture, sulla capacità del savoir faire di cancellare distinzioni di gender e di dress codes.
Con questa collezione si va accentuando l’idea che esista un lato del mondo della moda che si stia interessando sempre di più alla creazione di item eleganti e indossabili, senza soccombere sotto il peso dei propri concept – che in questo caso reinterpretano l'idea di moda genderless mescolando accenti maschili e femminili, rileggendo design d'archivio come il bracciale di Victoire de Castellane con l'estetica iper-moderna di Yoon Ahn che lo fa diventare un gioiello da uomo. Un item di lusso può essere aspirazionale per i valori che esprime ma anche (e più semplicemente) perché sembra un capo che ci piacerebbe indossare, né l’eccentricità a ogni costo paga sempre: «Volevo guardare all'archivio, alla purezza degli inizi della Maison, al suo impulso originale. Abbiamo guardato le collezioni iniziali e ci siamo concentrati sull'architettura, prendendo questi elementi e trasformandoli quasi istintivamente in modo maschile per il mondo di oggi», ha spiegato Kim Jones.
Fra l’altro, a ben analizzare i look dello show, dettagli eccentrici non mancano come ad esempio le mantelle leopardate, maglie cariche di ninnoli, giacche decorate da fiori artificiali e una serie di blazer e cappotti con lunghi strascichi di tessuto che si annodano sul davanti portando il drappeggio sul davanti della giacca. L’impressione generale, però, rimane quella di assistere all’evoluzione di un’estetica di cui ancora ci sfugge il nome: vicina al normcore per scelta dei capi e colori, ma comunque memore della lezione sulle grafiche, i fit e le costruzioni che lo streetwear e il gorpcore le hanno lasciato.