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A New York si fa il futuro della moda sostenibile

Un nuovo disegno di legge potrebbe essere il blueprint di nuove e future politiche sostenibili

A New York si fa il futuro della moda sostenibile Un nuovo disegno di legge potrebbe essere il blueprint di nuove e future politiche sostenibili
Fotografo
Julien Boudet

Lo scorso venerdì è stato presentato a New York il disegno di legge Fashion Sustainability and Social Accountability Act, detto anche Fashion Act che, se sarà approvato, costringerà tutti i brand di moda a rendere conto del loro impatto sulla crisi del climate change. Presentato dalla senatrice di New York Alessandra Biaggi e dalla deputata Anna R. Kelles, con il sostegno di una serie di ONG locali, oltre che da Stella McCartney, la legge riguarderà tutte le aziende globali di abbigliamento e footwear con più di 100 milioni di dollari in revenue annuale commercialmente presenti a New York. Il che include virtualmente ogni grande brand di moda nel mondo oltre che giganti del fast fashion come Zara, H&M o Shein. Il disegno di legge richiede ai brand di rendere trasparente fino al 50% della loro supply chain, inclusi i fornitori di materie prime e le aziende che si occupano della spedizione dei materiali. Le aziende dovranno anche evidenziare i passaggi della supply chain con il maggiore impatto sociale e ambientale (con riferimento anche ai salari equi) e a presentare progetti per ridurre le proprie emissioni di carbonio, in conformità con gli accordi di Parigi. Sarà anche richiesto ai brand di divulgare i loro volumi di produzione per i singoli materiali come ad esempio cotone, cuoio o poliestere e rendere queste informazioni disponibili online per il pubblico.

Come ha spiegato la senatrice Biaggi, se passasse, il Fashion Act renderebbe New York il leader globale nella accountability della moda, esaltandone il ruolo di leader con una legislazione che, di fatto, avrebbe ricadute sull’intero mercato globale della moda in quanto se le informazioni fornite dai brand fossero disponibili online chiunque nel mondo potrebbe controllarle. Le aziende che commerciano a New York che non rispetteranno questi nuovi standard di trasparenza entro i tempi prestabiliti (12 mesi per la trasparenza della supply chain e 18 per i dati sull’impatto ambientale) potranno ricevere multe corrispondenti al 2% della loro revenue – un numero che sembra piccolo ma che è in realtà enorme. L’impatto che il Fashion Act di New York potrebbe avere potrebbe dunque riguardare il mondo intero, sia eliminando di fatto ogni tentativo di greenwashing, sia accelerando l’implementazione di tali politiche anche in Europa o in Australia. New York rimane infatti uno dei più importanti poli commerciali del mondo e non esiste forse alcun brand di moda che potrebbe permettersi di ritirarsi dallo stato.

«Prima di introdurre ufficialmente il disegno di legge, abbiamo costruito un'ampia coalizione di sostegno che include leader nel settore della moda, produttori, attivisti per i diritti dei lavoratori e attivisti ambientali che sono appassionati di vedere il disegno di legge diventare legge», ha spiegato Biaggi al The New York Times. Il disegno di legge per il Fashion Act dovrà infatti affrontare adesso il classico iter di approvazione attraverso il Senato e le varie Commissioni Parlamentari e dopo che le negoziazioni per il budget saranno concluse sarà finalmente messo al voto in primavera – per poi essere reso effettivo poco dopo.