I nuovi hipster di Kim Jones nello show Pre-Fall 2022 di Dior Men
L'ultima collezione del brand ispirata a Kerouac e alla Beat Generation
10 Dicembre 2021
«I giovani sono interessati alla carta stampata», ha detto Kim Jones a WWD dopo il suo ultimo show di Dior a Londra. «Sono sempre di più i giovani che si stancano del digitale e vogliono vedere le cose nella vita reale, che cosa nasconde la prossima pagina – e non solo ciò che si trova su Google». Parole che sono emblematiche di una collezione che non solo celebra la carta stampata nel suo stesso set (una gigantesca riproduzione del manoscritto di Sulla strada di Kerouac) ma che racconta anche una subcultura che la moda non frequentava da qualche anno: la Beat Generation. Proprio il legame allo stile anni ’50 della Beat Generation, così come l’insolito approfondimento dedicato a una raccolta bibliologica di prime edizioni di Sulla Strada possedute da Kim Jones hanno posto enfasi sul medium analogico richiamando un’altra recentissima subcultura, estintasi poco prima del boom dello streetwear promosso da Jones stesso con Louis Vuitton x Supreme, che sono gli hipster.
Proprio gli hipster/indie dei tardi 2000 avevano elevato un culto tanto al medium analogico (vinili, vecchi libri, vecchie biciclette e macchine da scrivere) quanto allo stile beatnik filtrato attraverso i moodboard di Tumblr e che dunque riscopriva i maglioni Fair Isle, le scarpe in pelle, le giacche di tweed, i berretti di lana e in generale tutti quei capi vintage dal sapore retrò che si opponevano al mainstream del crescente fast fashion – tutta una serie di staples tornati in vita oggi sia su TikTok con trend come il cabincore/cottagecore, sia attraverso la mania del vintage. Una mania che altro non è che la ricerca nel passato di una validazione culturale per il presente - presente che, aprendosi al multiculturalismo, alla digitalizzazione e a una diversity sempre più ampia, ha bisogno di trovare presa ed equilibrio nel suo passato per progredire sulla sua strada e correggere gli errori prospettici e storici proprio di quella cultura di origine, scartandone i lati negativi senza perderne gli achievements.
Ovviamente, trattandosi di Kim Jones e di Dior, il discorso è stato portato abbastanza avanti rispetto alla baseline estetica degli hipster/indie boy del 2013: da un lato perché, ironicamente, il knitwear della collezione richiamava il vero vintage anni ’70 e ’80 del Christian Dior Monsieur di Marc Bohan ancora oggi acquistabile in moltissimi negozi vintage; da un altro perché questo mood vintage è stato solo un trampolino di lancio per una serie di dettagli preziosi come, ad esempio, le paillettes luccicanti cucite nella trama dei maglioni; gli hiking boot a metà fra anni ’90 e futurismo di Denis Thibaut in pelli esotiche o camoscio appaiati ai sandali decorati con cordicelle da scalata o gli accessori e le giacche di pelle ultra luxury.
Ovviamente, come si diceva, il vintage è un punto di partenza e non di arrivo: sparpagliati nel corso dei 49 look sono apparsi vari completi di maglia e pantalone in bouclé di lana in tinta unita che spingono in avanti la definizione di luxury leisurewear; mentre dettagli techwear e grafiche bold hanno aggiunto, insieme al mix-and-match di stampe e colori, tocchi di estro e soprattutto grande desiderabilità e modernità alla collezione. La reinterpretazione dell’archivio del brand diventa dunque assai interessante considerando come, vista l’enormità degli archivi di Dior, tornare a rivalutare quel patrimonio di knitwear e tutto il repertorio del menswear classico significa gettare una luce su un periodo trascurato della storia del brand ma anche dare senso e ragion d’essere a un’estetica che, senza quei tocchi moderni e quella reinterpretazione messa in atto da Kim Jones, sarebbe soltanto passé.
Viene dunque a crearsi una nuova tensione nei classici pillar dell’estetica hipster/indie tramite la continuità tra passato e presente rappresentata, da un lato, dalla base culturale fornita dagli scrittori Beat e, dall’altro, dai tocchi moderni aggiunti da Kim Jones e, in generale, dallo styling dei pezzi - una cornice che giustifica e convalida quell’estetica oggi ma che è anche in grado di dialogare con i moderni trend senza ricadere in copioni stereotipati. Da qui si origina il dualismo della collezione: da un lato il capo funzionale e tecnico ma dall'altro la qualità sensoriale del maglione e del tessuto luxury, così come la giustapposizione di abiti dalla precisa struttura sartoriale con silhouette morbide e avvolgenti.
Questo ritorno dell’estetica hipster, come il ritorno dell’analogico di cui parlava Jones relativamente al mondo della carta stampata ma di cui anche Balenciaga si è occupata con le polaroid e i VHS del suo ultimo show FW22, parlano di una polarizzazione crescente che sta sorgendo nella cultura: una risposta sempre più concreta e nostalgica verso il passato tangibile in un’epoca dove l’arte e la realtà diventano sempre più digitalizzati.