5 riviste indie italiane che hanno fatto la storia (e la moda) degli anni 2000
Viaggio tra le pagine dove la cultura Y2K prende vita
14 Novembre 2021
Nel giro di pochi mesi, la tendenza anni Duemila è esplosa nelle nostre vite. Dalle passerelle alle nostre camere, passando per gli spazi espositivi e le bacheche social, nel 2021 non esiste un ambito culturale che non rimandi agli anni della vita bassissima e dei poster di Britney Spears – o di Fabri Fibra, a seconda dei gusti. Tra Instagram reel e Tik Tok, per gli ultimi Millennials e i ragazzi della Gen Z non è stato difficile scoprire quel mondo di hit musicali, micro-gonne old money e tv drama adolescenziali, che ha reso icone celeb come Avril Lavigne, Paris Hilton e Megan Fox. In poche parole, Internet made it easy, ma non è sempre stato così: sin dagli esordi, sono state le riviste indipendenti del tempo a ricoprire il ruolo di motore culturale. Tutto comincia tra le pagine di The Face (seguita in breve tempo da realtà come Arena, i-D e Dazed & Confused) e per le strade di Londra, dove la wave Y2K assume una direzione peculiare. Alla prima «bibbia dello stile» va il merito di aver saputo raccontare e amplificare i trend dell’epoca, trasformandosi in una vera e propria guida per la musica underground e la moda britannica.
Chi è cresciuto a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila lo sa, nel frattempo in Italia correre a comprare quegli imprevedibili periodici era l’unico modo per essere aggiornati sulle news della scena musicale, dall’indie al rap e all’underground, così come del cinema, dell’arte e del design; ma soprattutto, le immagini e gli articoli di Aelle, di Il Mucchio Selvaggio, di Pig e di Rodeo, permettevano di restare al passo con l’altezza più in voga dei jeans e l’ultima sneaker perfetta. Oggi che il trend anni Duemila è tornato, è tempo di intraprendere un viaggio alla scoperta di quei magazine di “moda culturale” che, più di chiunque altro, hanno contribuito a consolidare, vitalizzare e diffondere l’immaginario Y2K in Italia.
1. Aelle
Aelle è senza dubbio il primo vero punto di riferimento italiano per la cultura hip-hop in tutte le sue forme, dal rap al writing e alla breakdance, Aelle nasce nel 1991 e cresce per mano di Claudio "Sid" Brignole e la leggendaria figura di Paola Zukar - oggi manager di Big Picture Management per Fabri Fibra, Marracash, Madame e Clementino. Nata come fanzine, viene distribuita a mano tra una jam e l’altra, per poi arrivare nei negozi di dischi e, solo dopo alcuni anni, approda alla distribuzione ufficiale. Impossibile dimenticare, di Aelle, le interviste a Tupac, agli Outkast e a Mary J Blige, nel tentativo di costruire un ponte culturale che unisse l’America all’Italia. Il punto di forza di Aelle? L’importanza attribuita alle parole fino alla chiusura nel 2001, dettata dall’ambizione di raccontare nel profondo le storie.
2. Pig Magazine
Pig Magazine, nato nel 1999 come tascabile e distribuito nelle edicole delle principali città italiane, è stato uno dei primi magazine indipendenti a parlare di moda, arte, tecnologia e design, consigliando libri, rubriche e film con l’obiettivo di raccontare le nuove realtà dell’epoca. Pig punta i riflettori sulle subculture e sulle personalità più interessanti dell’epoca: attraverso interviste, guide e rubriche, la rivista di Simon Beckerman riesce nell’impresa di accorciare le distanze tra la moda e la gente comune. La chiusura arriva nel 2012 ma, guardando gli editoriali e le grafiche delle nuove riviste di moda, è evidente come l’estetica e l’approccio autentico di Pig siano rimasti incastonati nella cultura visuale pop-refined contemporanea.
3. Rodeo Magazine
Rodeo Magazine racconta di arte, architettura, cinema, letteratura e moda, moltissima moda. Gli articoli e gli editoriali fotografici di Rodeo Magazine hanno fatto sognare un’intera generazione di moderni stylist (Lotta Volkova, vi dice niente?), fotografi e direttori creativi, tra cover star e servizi speciali. Distribuita su scala europea, la rivista mensile si afferma come vetrina del ready-to-wear e della pop-culture in generale, dedicata a fornire un punto di vista libero e critico sulle iniziative dei brand, dei designer e dei creativi del tempo allo scopo di celebrare un’estetica ben definita suscitando una riflessione consapevole nei lettori. Tra i contenuti preferiti, è impossibile dimenticare il Calendario.
4. Dire Fare Baciare
Dire Fare Baciare: chi non ricorda la Smemoranda? E pensare che un tempo aveva una rivista mensile, sempre super ambita dai teenagers degli ultimi anni Novanta e dei primi anni Duemila grazie alle grafiche elaborate realizzate con Photoshop. Le copertine di Dire Fare Baciare, dal titolo della pubblicazione specializzata in politica, satira e costume, hanno scritto la storia di un grande capitolo in ambito grafico che rimanda direttamente all’immaginario scolastico. Impressi nella mente, insieme ai collage, alle vignette e ai fumetti, restano indelebili i ricordi degli articoli sull’attentato al presidente Kennedy: un esempio perfetto per dimostrare come un magazine indipendente potesse informare, provocare e sensibilizzare.
5. Il Mucchio Selvaggio
Quando nel recente 2018, anche Il Mucchio Selvaggio chiude i battenti dell’edizione cartacea, sono in molti a reclamare con amarezza l’importanza della storica rivista musicale nella cultura italiana. Fondato a Roma da Max Stèfani, Paolo Carù e Aldo Pedron nel 1977, "nell’anno di American Stars’n Bars di Neil Young, Heroes di David Bowie e The Clash", il magazine parte come progetto dedicato alla musica rock, ma nel tempo incorpora altri generi musicali affermandosi come involucro inesauribile di cultura, sovversione e creatività.