"La mia formazione arriva dai club ": la storia di County of Milan, raccontata da Marcelo Burlon
Abbiamo parlato col designer argentino della sua nuova biografia pubblicata da Rizzoli
11 Ottobre 2021
«Ho iniziato a lavorare nei club nel 1992, a 15 anni. Mi sono sempre rivolto ad un pubblico underground, di nicchia. La mia formazione arriva dalle piste dei club della Riviera Romagnola, tra ecstasy e house music. Quindi County of Milan è anche quello ma tanto altro. Tutte le esperienze vissute in questi anni sono diventate County»
La storia di Marcelo Burlon e quella del suo brand County of Milan è in effetti molto diversa da quella dei designer di moda tradizionali. Sullo sfondo c'è la Milano di fine anni 90 inizio duemila, dove designer, modelle, creativi, spacciatori, stilisti e persone normali si incontravano sulle piste dei club creando una nuova base culturale condivisa da cui nacque lo streetwear. Alla porta di uno di questi club - I magazzini Generali - c'era anche un giovane ragazzo di origine argentine Marcelo che da lì a poco sarebbe diventato una delle figure chiave della rivoluzione sistemica che ha cambiato per sempre l'industria della moda. In questo contesto nasce Marcelo Burlon: County of Milan, un brand che ha dettato l'estetica degli anni 10 italiani e ha intuito trend - come le collabo o la relazione con la musica trap - prima degli altri.
A distanza di quasi vent'anni e dopo un clamoroso successo commerciale, Marcelo immagina il suo futuro diversamente: "vendendo verdure raccolte nel mio orto nelle stradine di campagna di Ibiza" e ha deciso di ripercorre questa incredibile e poco celebrata storia italiana nel libro Marcelo Burlon: County of Milan Confidential, scritto da Angelo Flaccavento con design e direzione artistica di MACSIOTTI.
All’interno del libro, che include interviste, fotografie inedite e documenti originali, viene dipanata come in un’investigazione l’intera vicenda del designer, dalle sue origini a El Bolsón, Argentina, luogo di rimescolamenti e contaminazioni culturali tra il mondo degli hippies e quello dei gauchos, attraverso l’epoca dei Magazzini Generali di Milano nelle notti del ’98, insieme a Raf Simons e Riccardo Tisci, fino alla prima collezione di t-shirt e al successo internazionale. Il libro traccia poi le molte collaborazioni che hanno legato Burlon a NBA, Lamborghini, Moet & Chandon, Kartell, Borsalino, solo per citarne alcuni, mappando la rete di influenze che il brand ha intessuto in tutto il mondo nel corso degli anni. Il libro parla molto del passato ma poco del futuro - che però per Burlon si concentra più su progetti umanitari che sulla moda:
«Mi dedicheró alla mia Fondazione creando educazione e cultura. Pubblicherò di libri e giornali, organizzerò festival techno e folk - tutto per supportare le minoranze e le persone emarginate».
Insieme alla storia di Marcelo, è presente anche la storia dei soci, collaboratori e amici: da Claudio Antonioli e Davide de Giglio fino a Ivano Atzori - tutti i protagonisti di quel New Guards Group che è «andato contro il sistema stesso, ribaltando le loro regole e creandone di nuove» dice Marcelo. Oggi il futuro del sistema moda sia italiano che mondiale sembra reggersi sempre più sui rapporti di forza tra i grandi conglomerati e le opportunità per i brand indipendenti sembrano sempre più rare.