Quanto varrà il mercato del secondhand?
Come la moda guarda al suo passato per immaginare il futuro
02 Ottobre 2021
C’è una stupenda borsa vintage sul sito di Gucci Vault, risalente agli anni ’70 e decorata con un dettaglio abbastanza raro, un morsetto ricoperto di pelle – inutile dire che è già sold out. Nonostante l’età la borsa pare quasi nuova: gli artigiani del brand l’hanno ricondizionata, lasciando comunque intatta la patina del tempo che la fa sembrare più che una borsa di design e basta, un oggetto con una storia. «Ogni piccolo segno che compare sulla superficie dona continuamente all’oggetto un nuovo aspetto, rendendolo un pezzo unico ed esclusivo», scrive il brand accanto a ogni pezzo d’archivio messo in vendita nella sua wunderkammer digitale. Mentre Gucci presentava Vault all’arco della Pace a Milano, Francesco Ragazzi di Palm Angels, ha creato un trift shop in stile americano dentro Spazio Maiocchi in cui pezzi d’epoca e item della sua collezione co-firmata con Moncler convivevano senza soluzione di continuità - qualcosa di simile è avvenuto anche nel nuovo retail space di Golden Goose. Se da un lato il vintage sta vivendo un momento di hype estetico, grazie soprattutto a personalità come Michele, i grandi conglomerati della moda guardano ai numeri sempre più in crescita del mercato del secondhand e tutti sembrano pronti a scommettere che una parte del futuro della moda sia proprio nel suo passato.
Anche a Parigi il vintage d’autore sta avendo il suo momento: lo scorso 22 settembre la giovane ma già rinomata azienda Mon Vintage ha preso il controllo dell’intero settimo piano dei grandi magazzini Printemps Haussmann riempiendolo di 1300 pezzi d’archivio. La donna dietro l’azienda è Marie Blanchet, sorta di profetessa della moda d’archivio che ha lavorato per Vestiaire Collective e ha trovato la fama procurando ricercatissimi item d’epoca di Chanel e Margiela alle gemelle Olsen. Intervistata da Vogue, Blanchet si è detta contenta che proprio nell’epoca post-pandemica il vintage sia diventato «una proposta di moda vera e propria». Un’affermazione corroborata anche dai numeri: secondo ThredUp, nei prossimi 4 anni, il mercato del secondhand passerà da un volume d’affari di 36 miliardi di dollari a 77 miliardi di dollari - un tasso di crescita undici volte superiore alla media del retail d’abbigliamento.
Un aumento che sarà causato, sempre secondo il report, da un raddoppiamento dei venditori di vintage che sono attualmente 52,6 milioni ma che arriveranno a 118,8 milioni nel futuro prossimo – futuro che dovrebbe vedere una generale espansione generale del mercato in tutti i sensi, dai venditori ai compratori, fino alla merce immessa sul mercato e ai marketplace stessi. Sempre quest’anno, poi, Vestiaire Collective ha ricevuto un finanziamento che ha portato la sua valutazione di mercato intorno ai 1,7 miliardi di dollari, un numero che fa quasi avvicinare la piattaforma a un brand di moda, mentre su TikTok l’hashtag #deadstock ha raggiunto i 9,5 milioni di views e su Lyst, secondo il 2021 Conscious Fashion Report, l’interesse per capi upcycled è salito del 117% in un anno e le ricerche per Bode sono aumentate di uno strabiliante 278%.
Sul piano creativo dei designer, questo interesse verso vintage e archivio si è tradotto nell’upcycling – portato inizialmente nella moda dalla nuova generazione di designer composta da Marine Serre, Emily Bode, Rushemy Botter e Lisi Herrebrugh di Botter e Hillary Taymour di Collina Strada ma poi arrivato nella moda mainstream con collezioni come la SS21 di Louis Vuitton firmata da Virgil Abloh, tutta incentrata sul riutilizzo di tessuti deadstock. Sul piano pratico i brand hanno intrapreso diverse strade: dalle varie partnership di Alexander McQueen, Gucci e Burberry con Vestiarie Collective e The RealReal rispettivamente, fino all’iniziativa Nova Source di LVMH, all’Archive Gallery di Heliot Emil e ai flash sale dagli archivi di Acne Studios di questa primavera. La wave ha coinvolto non solo i brand di lusso ma anche i retailer, come Farfetch che ha aperto di recente la sezione Pre-Owned, Yoox Net-a-porter che da ottobre avvierà un marketplace di resell o Mytheresa che avvia un servizio di resell in partnerhsip con Vestiaire Collective. Mentre, sempre secondo Lyst, i brand che offrono servizi di riparazione in-house hanno visto un aumento dell’interesse del 146% e quest’anno un brand come Chanel ha annunciato qualche mese fa la nuova policy di garanzie secondo cui il brand si occuperà di riparare i prodotti fino a 5 anni dall’acquisto - un tipo di servizio già attivo da decenni sia per brand come Patagonia, Barbour e Levi’s che per brand di extra lusso come Hermés, Gucci e Louis Vuitton e che fa parte della policy di assistenza post-vendita che nei prossimi anni sarà sempre più fondamentale nella experience dei brand di lusso.
Allo stesso tempo, iniziative come Gucci Vault portano il discorso del resell un passo più avanti rispetto alla semplice vendita di lusso secondhand, mostrando nuove strade ai brand che vogliano valorizzare i propri archivi e non semplicemente svenderli: customizzazione e ricondizionamento. Al di là dei già noti vantaggi che i brand sperimentano nel vendere il proprio stesso vintage (controllo del prodotto, lotta ai bootleg, accesso a nuove fasce di consumatori e smaltimento dell’invenduto), con le borse e gli item ricondizionati venduti su Vault, ritoccati o customizzati dal brand stesso, si va a creare, come ha scritto Luke Leitch su Vogue, «una nuova categoria di oggetti che sono insieme vintage e nuovi». Si tratta cioè di una curation dell’archivio di livello ancora più alto da cui molti brand potrebbero prendere esempio ma che non elimina anche le principali sfide che i brand dovranno affrontare nella strutturazione delle loro business nel mercato secondhand – che vanno dal reperimento effettivo della merce fino alla creazione di uno spazio ad hoc per la sua vendita.