Cos'hanno studiato i direttori creativi dei brand di moda?
Non serve una laurea in moda per fare il designer
30 Luglio 2021
Si dice spesso che nonostante anni di studi, lauree, diplomi, master e dottorati, si finisce sempre per fare un lavoro che non c'entra nulla con i propri studi. Il detto sembrerebbe essere vero anche nel mondo della moda, dove da tempo non serve più aver studiato modellistica o avere la manualità di un vero sarto per creare abiti e diventare direttori creativi, e dove invece sono spesso altre discipline a fornire una formazione più eclettica e poliedrica. Guardando ai direttori creativi che guidano oggi le principali Maison del lusso internazionale, si può tracciare una divisione netta tra chi ha alle spalle studi classici nel campo della moda, spesso presso istituti prestigiosi e rinomati, e chi invece sembra esserci finito per caso nella fashion industry, forte di un bagaglio ben diverso.
È questo il caso di Miuccia Prada, che nonostante gli studi classici, la laurea in Scienze Politiche all'Università Statale di Milano, con annesso dottorato - e persino un corso di recitazione al Piccolo Teatro - si ritrovò presto a dirigere l'impresa fondata da nonno Mario. Una storia simile a quella di Donatella Versace, che dopo una laurea in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Firenze, entrò nel brand fondato dal fratello Gianni occupandosi inizialmente della comunicazione e dell'immagine del brand, prima di diventare designer della linea Versus e in seguito, dopo la morte di Gianni, direttrice creativa della Maison. Aveva piani diversi anche Giorgio Armani, che dopo due anni di Medicina, è costretto ad interrompere gli studi per la leva militare, e una volta tornato a casa, scegliendo una carriera completamente diversa. A Milano trova lavoro come vetrinista e commesso presso La Rinascente, il luogo dove la sua carriera nella moda avrebbe preso il via. Demna Gvasalia aveva già in tasca una laurea in Economia alla Tbilisi State University, quando, nonostante la difficile situazione economica della sua famiglia, riesce ad iscriversi e a laurearsi alla Royal Academy of Fine Arts di Antwerp, dove consegue una laurea magistrale in Fashion Design.
Sia Alessandro Michele che Virginie Viard hanno un passato legato ai costumi per il teatro e per il cinema. Il designer romano, che ha studiato presso l'Accademia di Costume e Moda di Roma, si aspettava un futuro da costumista e scenografo, soprattutto per il teatro, come ha raccontato, tra le altre cose, ospite da Muschio Selvaggio; la creativa francese invece, dopo gli studi di Theatre Design al Cours Georges, lavorava già come assistente di una costumista, prima di approdare come stagista da Chanel nel 1987, per non lasciarlo più.
Tra i direttori creativi che non hanno un training classico ce ne sono però diversi che hanno comunque una preparazione di tipo artistico. È questo il caso di Virgil Abloh, ingegnere civile e architetto; di Matthew Williams, che studiò arte alla UCLA; di Hedi Slimane, che optò per storia dell'arte all'École du Louvre, prima di iniziare uno stage nel mondo della sartoria; e anche di Anthony Vaccarello, che dopo aver lasciato dopo un anno il corso di legge, si dedicò allo studio della scultura a La Cambre, a Bruxelles. Potrebbe sorprendere infine che un designer del calibro di Raf Simons non abbia una preparazione accademica nell'ambito della moda, tanto da aver iniziato la carriera nella moda dopo una laurea in Industrial and Furniture Design, creando una collezione di mobili che è già un cult.
È legato a doppio filo il destino di quattro designer che hanno studiato nelle stesse scuole. Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli con una laurea allo IED di Roma, che dopo aver rivoluzionato la collezioni accessori di Fendi e Valentino insieme, guidano oggi, rispettivamente, Dior e Valentino, per l'appunto.
Phoebe Philo e Daniel Lee, entrambi laureati alla Central Saint Martins di Londra, hanno ridefinito i canoni del minimalismo e dell'eleganza, prima da Celine, dove Lee era direttore del ready to wear, poi da Bottega Veneta e si spera, nel prossimo brand omonimo di Philo. Dallo stesso istituto sono usciti anche Kim Jones, che qui ha studiato Menswear, e che oggi lo mette in pratica da Dior Homme, e Riccardo Tisci, oggi da Burberry.