Quando la moda si ispira ai tatuaggi
Lo stile a fior di pelle
21 Maggio 2021
I tatuaggi sono qualcosa di universale, che si tratti degli antichi soldati romani, dei marinari della Seconda Guerra Mondiale, dei guerrieri polinesiani o dei Maya, decorare il proprio corpo con disegni e incisioni è da sempre un modo di affermare la propria identità, il proprio credo e i propri valori. I tatuaggi sono stati scandalosi, provocatori, iconici, sacri – e oggi sono diffusissimi, a riprova della loro importanza attraverso culture e generazioni diverse. Il mondo della moda non è stato certo immune al loro fascino e, nel corso degli anni, non sono mancati designer che hanno ripensato e rielaborato l'estetica dei tatuaggi per le proprie collezioni. Ecco i principali.
Jean-Paul Gaultier – SS94 Les Tatouages
Una delle collezioni più leggendarie firmate da Gaultier, descritta da Vogue come "una sconvolgente visione di armonia cross-culturale" e una fusione di heritage che andavano da Giovanna d'Arco fino alla cultura africana, passando per l'India e il Sud-Est Asiatico. Il principale trick della collezione è stato lo stampare le fantasie tattoo su tessuti leggeri, see-through e policromatici ma anche sulla pelle di modelli e modelle, creando un gioco finissimo di layering e trasparenze che evocava un'estetica che venne battezzata global village chic. Ancora oggi, i capi di questa collezione rimangono fra i più ricercati e preziosi che l'enorme archivio di Gaultier ha da offrire.
Issey Miyake – FW71 Tattoo
Questa collezione di Miyake è materiale di leggenda: arrivata poco dopo il movimento del ’68, capace di fondere la cultura giapponese del tatuaggio irezumi (ancora oggi associata alla yakuza ma in realtà molto più antica) con le icone delle proteste giovanili e del rock come Jimi Hendrix e Janis Joplin, entrambi morti l'anno precedente, questo show di Miyake portò la politica in passerella in un modo che non aveva precedenti per l'epoca. L'idea rivoluzionaria alla base della collezione fu prendere un "marchio" che di solito veniva nascosto dai vestiti e portarlo in superficie, renderlo protagonista dell'abito e del suo significato sociale.
Rei Kawakubo – Comme des Garçons Homme Plus FW15
Rei è sicuramente l'intellettuale della moda contemporanea: per la collezione Homme Plus FW15, che debuttò nel periodo successivo alla strage di Charlie Hebdo a Parigi, il mood era sicuramente cupo e pesante e venne reinterpretato tramite una collaborazione con il tattoo artist Joseph Ari Aloi, famoso per il suo stile scarabocchiato in cui emergevano immagini religiose, il nome Eleanor e la frase Born to Die. I tatuaggi erano stampati, oltre che sul knitwear, su una serie di calzamaglie aderenti che emergevano dalle maniche e dagli short. Altri capi erano decorati con i disegni distorti e inquietanti di Roger Ballern mentre alcuni look avevano letterali fasce funebri cucite sulle maniche delle giacche.
Paul Helbers – Louis Vuitton Men's SS11
La SS11 di Louis Vuitton non viene ricordata in molte classifiche, eppure il nuovo pattern tatuato nato sotto la direzione dell'allora direttore creativo Paul Helbers è forse uno dei più belli e sottovalutati mai prodotti dal brand. La collezione era una sorta di celebrazione dell'estetica bohemien del jet set internazionale, con varie infusioni di estetica safari. I tatuaggi stampati sul classico pattern di Louis Vuitton, specialmente su sciarpe ma anche su una camicia a maniche corte che potrebbe essere un pezzo d'archivio for the ages erano stati replicati anche sui corpi dei modelli per richiamare quell'amore per l'esotismo che oggi è un po' scorretto ma che era molto apprezzato nelle collezioni dell’epoca.
Demna Gvasalia – Vetements SS19
Forse la più iconica sfilata di Vetements di sempre oltre che uno dei punti più alti della carriera di Demna, la SS19 di Vetements fu un trionfo di estetica post-soviet ed ebbe per protagonisti i tatuaggi associati alla criminalità russa. Una serie di top color carne sfilarono in passerella creando uno stupefacente effetto nudo che, mescolato alla sartoria oversize, ai denim ricostruiti e alle track jacket sportive portò a Parigi una ventata di educazione siberiana.