È ora che anche la moda maschile diventi body-positive
Perché l'industria della moda deve affrontare la questione dei modelli plus-size
11 Marzo 2021
Negli ultimi anni, il concetto di plus-size è entrato a far parte, con alterne fortune e attenzione, del mondo della moda femminile, soprattutto grazie alla crescente esigenza da parte del pubblico e della critica di vedere rappresentate sulla passerella tipologie di fisico alternative a quelle proposte per decenni nelle campagne e nelle sfilate delle grandi maison e delle riviste. C’è ovviamente ancora molto lavoro da fare per poter parlare di una rappresentazione completa di tutti i body type ma, nelle sfilate delle ultime stagioni, è decisamente aumentato il numero di modelle plus-size in show di brand come Versace, Fendi, Marni e Alexander McQueen. Ma se finalmente la questione della body positivity ha cominciato ad essere affrontata sulle passerelle femminili, lo stesso non sta avvenendo su quelle maschili.
Tanto a Milano, come a Parigi, a Londra e a New York, i report sulla body positivity nelle sfilate non sono mancati (soprattutto quelli di The Fashion Spot) ma riguardano soltanto il womenswear. Senza alcun dubbio ha senso che questo movimento si sia sviluppato a partire dal mondo della moda femminile, dato che le donne sono la categoria più oppressa e influenzata dagli standard di bellezza, e, sicuramente, il corpo femminile è giudicato e osservato con molta più severità che quello maschile. Ma è vero che anche per il mondo maschile la rappresentazione di tutti i tipi di body type è importante – e l’industria della moda ha sostanzialmente ignorato la questione fino ad oggi.
Nel corso delle ultime stagioni, il casting delle sfilate è diventato più inclusivo dal punto di vista dell’età, dell’etnia e del mondo gender-fluid – mentre le tipologie di corpo che indossano gli abiti non sono cambiate affatto: ci sono modelli snelli e alti e modelli muscolosi e alti. E anche se il dibattito sulla body diversity della moda maschile va avanti da anni, non ha mai avuto la stessa rilevanza che ha avuto per la moda femminile, e per diverse ragioni. La maggioranza dei brand, ad esempio, considera il concetto di plus-size un territorio inesplorato e, secondo un articolo del The Guardian, un vero apprezzamento della body diversity al maschile non è mai esistito:
Sono molti i corpi femminili formosi ammirati nel corso della storia: i voluttuosi ritratti del Rinascimento, ad esempio, o le figure femminili spesso riverite nelle civiltà africane; ma anche nei movimenti sulla body positivity negli anni ’60 e ’90. Ai brand, oggi, non manca né la storia né il contesto per trovare i propri punti di riferimento: considerare attraenti le curve di una donna è un concetto storicamente familiare. Per il corpo maschile, però, è da sempre esistita solo la magrezza: dall’Uomo Vitruviano di Da Vinci alle statue greche, fino ad arrivare al Marlboro Man e agli sponsor della Diet Coke. Tutte queste icone del mondo pubblicitario sono rappresentati come moderni gladiatori, degli eroi – mentre nulla si sa su come uomini plus-size possano rendere appetibile un dato prodotto. I brand sanno che i bicipiti vendono mentre un rotolo di pancetta è territorio sconosciuto e, dunque, è commercialmente rischioso.
Nonostante queste considerazioni riflettano la realtà dei fatti, ciò non significa che un cambiamento non sia in atto, per il presente e per il futuro. I brand che infatti hanno deciso consciamente di diventare più inclusivi hanno riscosso successo con questa mossa, come ad esempio il brand Savage x Fenty di Rihanna che ha incluso modelli plus-size in uno dei drop dello scorso anno, drop che è andato sold-out in 48 ore.
Nel corso degli anni, l’approccio dei media mainstream alla body positivity maschile non ha dato la giusta importanza alla questione. L’assunto generale è che gli uomini non siano interessati al loro aspetto e che dunque che non debbano lamentarsi – un problema che ha più vaste ramificazioni nella società. Gli uomini sono intrappolati nei confini invisibili e stringenti del concetto di mascolinità – ammettere le proprie debolezze, discutere la propria self-image o parlare di insicurezza è un tipo di vulnerabilità che mette in dubbio la loro mascolinità. Ma questi standard sono il frutto di una narrativa che si fonda su premesse sbagliate – premesse secondo cui gli uomini non si curano del proprio aspetto, anche se le statistiche dicono il contrario. Soltanto nel 2019, gli uomini hanno speso 55 miliardi di dollari in prodotti estetici e, secondo uno studio di The National Association for Males with Eating Disorders, il 25-40% degli individui con disturbi alimentari sono uomini. Un altro sondaggio di YouGov mostra che i giovani uomini hanno tanti problemi con la propria self-image quanti ne hanno le donne.
Il ruolo del mondo della moda in questo dibattito è fondamentale, non soltanto per i margini di profitto inesplorati del mercato plus-size ma anche perché la moda ha la responsabilità di promuovere la body inclusivity per le generazioni future. Vedere soltanto uomini magri e muscolosi nelle campagne o sulle passerelle equivale a dire alle giovani generazioni che gli standard di bellezza sono soltanto quelli e che è necessario adeguarvisi a ogni costo. Secondo un’intervista rilasciata al The Guardian dallo psichiatra John Morgan: "I ragazzi si formano un’opinione del proprio corpo ideale tra gli undici e i dodici anni – insegnare loro che tutte le tipologie di fisico sono accettabili significa prevenire problemi che si svilupperanno in futuro, come ad esempio il fumo". Ed è proprio su questo punto che i brand devono rivendicare il proprio ruolo e la loro importanza per cambiare una mentalità secolare.