Il primo show di Givenchy firmato Matthew Williams
La rivoluzione minimal techno del brand
08 Marzo 2021
Sarebbe complicato definire quale sia stato il vero debutto di Matthew Williams da Givenchy. Scegliendo di presentare una prima parte della collezione in showroom, per poi accompagnarla a una vasta campagna di seeding con celebrity di mezzo mondo, seguita da una campagna vera e propria, seguita a sua volta dallo show FW21 di Givenchy tenutosi ieri, la sensazione è quella di aver finalmente stretto la mano a una persona con cui ci si era presentati solo ufficiosamente. Williams stesso non ha dubbi, e parlando con la stampa nella storica sede parigina del brand ha detto: «Sembra anche me un debutto ufficiale – ma perché è una sfilata vera e propria».
Per colpire nel segno, Williams ha diretto una sfilata che è un concentrato della sua estetica: soundtrack techno firmata Robert Hood, riflettori accecanti, una platea di cemento fradicia di pioggia che sembra la scena perfetta per un rave illegale nei sotterranei della città (ma è invece la Paris La Défense Arena) e, ovviamente, una raffica di top model capeggiate da Bella Hadid.
Lo show dà sicuramente una cornice estetica più precisa alla visione di Williams per il brand che, per la prossima stagione invernale, ha proseguito l’icontro/scontro della tradizione sartoriale del brand con gli elementi utility e, soprattutto, gli accessori. Hardware e accessori sono forse l’ambito preferito del designer e borse dalle forme angolose o iper-essenziali, enormi catene, porta-borraccia, cappelli e guanti hanno dominato la maggioranza dei look – il pezzo forte però è uno zaino modulare ispirato all’attrezzatura dei vigili del fuoco i cui pezzi possono essere assemblati per modificare la sua dimensione. L’abbigliamento vero e proprio ha riproposto, con aggiunte e arricchimenti, la stessa estetica delle preview di qualche mese fa, accentuando molto la tattilità del materiali, la purezza dei colori e l’estetica “tagliente” di Williams che si è fatta meno essenziale e più capricciosa negli orli asimmetrici delle gonne e nelle applique di cristalli.
Come sempre, la visione di Williams è stata capace di dare un corpo unitario a un insieme di influenze disparate ma a volte molto palesi: quel tacco-clog presente ai piedi di quasi ogni modella ricordava alla lontana il leggendario Armadillo Boot di Alexander McQueen, certe fusioni di estetica militar-utilitaristica e bondage provengono forse da Helmut Lang mentre altre influenze venivano dal mondo di Raf Simons e Martin Margiela. Da tutti questi linguaggi e ispirazioni, però, Williams ha tratto una visione del lusso che sembra più personale che derivativa e che, sviluppata nella direzione giusta, non mancherà di affermarsi moltissimo nei guardaroba del jet-set planetario.