Il brand che trasforma la moda DIY in un libro di ricette
ADIFF ha come obiettivo un'industria della moda più etica e accessibile a tutti
05 Marzo 2021
"Quando andavo alla Parsons, i miei professori dicevano sempre che se sei un bravo designer, di solito sei anche un bravo cuoco. Abbiamo iniziato a pensare alle somiglianze che esistono tra l'industria della moda e l'industria alimentare durante la quarantena. Quando li metti fianco a fianco, è interessante vedere quanto si sovrappongono: il fast fashion si muove parallelo al fast food, la moda contemporanea non è diversa dai ristoranti, l’alta moda ricorda da vicino i locali stellati. Tuttavia, quando si tratta di cibo l'opzione più economica e salutare è acquistare i singoli ingredienti e poi metterli insieme in autonomia. Allo stesso modo, anche per la moda, l'opzione più economica, più etica e più sostenibile sarebbe imparare a realizzare i capi ognuno da sé. Il problema principale è che la maggior parte delle persone sanno come cucinare, ma l’arte e la capacità di creare e realizzare vestiti è andata perduta". Con queste parole Angela Luna, co-founder insieme a Loulwa Al Saad di ADIFF, un'iniziativa che promuove l'upcycling e il social justice, ha raccontato l'ultimo progetto del brand a nss magazine.
Mescolare e abbinare i pezzi del guardaroba per un look completo a volte può sembrare una ricetta, in cui devono essere uniti in modo armonico gli ingredienti, ed è per questo che ADIFF ha dato vita ad un vero e proprio ricettario, un cookbook che offre modelli di vestiti per chi vuole ridisegnare i vestiti che ha già nell'armadio. Gli ingredienti del libro Open Source Fashion Cookbook sono una tasca per snack, una giacca-coperta, un bucket hat ricavato da un ombrello rotto e altri modelli che possono essere assemblati in un pezzo unico. Dando la libertà al lettore del libro di disegnare un pezzo di stoffa, ADIFF promuove anche l'importanza della sostenibilità e suggerisce un'alternativa a coloro che non possono permettersi di acquistare nuovi indumenti. Con il crescente interesse per la sostenibilità, che sta diventando uno dei temi centrali dell'industria della moda e non solo, questo tipo di progetti potrebbero rappresentare un importante passo in avanti.
ADIFF lavora con i rifugiati dell'Afghanistan in Grecia, dove il marchio ha i suoi impianti di produzione. La svolta nell'identità e nel tipo di prodotto del brand è arrivata dopo la creazione della loro giacca che può trasformarsi in una tenda, un progetto che mira ad assistere i senzatetto e i rifugiati. È stato venduto su un modello buy-one-give-one (compra-uno-dai-uno) e ha spinto il marchio a ulteriori esperimenti. “Il nostro impianto di produzione ad Atene, in Grecia, è stato costruito con un sistema di upcycling, a differenza della maggior parte delle fabbriche più grandi. Immaginiamo che questo cambiamento industriale debba essere fatto con un approccio unificato in tutte le categorie di prodotti per tutti i tipi di marchi, motivo per cui il nostro futuro si concentra così tanto sulle collaborazioni e sulle partnership", afferma Angela Luna. Partendo come organizzazione no-profit, ADIFF si è evoluta in un'azienda che si è concentrata sempre di più su temi come la sostenibilità all'interno del mercato della moda, che si sta gradualmente abituando al concetto upcycling. Il libro di ADIFF è stato pensato per "democratizzare la moda sostenibile ed etica". L'idea è nata quando ADIFF ha iniziato a produrre mascherine per gli ospedali di New York. Luna ha pensato di riunire diversi stilisti per lavorare insieme con l'obiettivo di rendere la moda accessibile e inclusiva. "L’idea alla base del libro era quella di avere pezzi in grado di essere realizzati con il maggior numero possibile di materiali che le persone hanno a casa e che sono facilmente accessibili, e che siano adatti a persone con skill diverse, e con differenti capacità manuali. Volevamo che ogni elemento si ricollegasse alla narrativa di inclusione, accessibilità e attivismo", ha raccontato Angela Luna.
Incuriosita dal libro, e avendo un ombrello rotto a prendere polvere nell'armadio, ho deciso di provare la ricetta del bucket hat inclusa nel libro. Il viaggio in questo mondo fai-da-te è iniziato con la lettura puntuale delle illustrazioni passo-passo, distribuite su 7 pagine che descrivevano nel dettaglio gli elementi indispensabili e i passaggi da seguire. Gli ingredienti erano i seguenti: 2 ombrelli o 1 tenda da doccia e 1 tessuto rigido, che può essere double-face, di mussola o denim riciclato. Secondo il libro, l'intero processo avrebbe potuto richiedere da 5 minuti a 1 ora. Ho scaricato i cartamodelli per il bucket hat dal sito del brand e ho rimosso accuratamente il tessuto degli ombrelli rotti con piccole forbici. Grazie al pattern ridimensionato creato per questo item, l'unica cosa rimasta da fare era stamparlo e applicarlo sul tessuto dell'ombrello come illustrato sulla pagina. Dopo aver tagliato i pezzi e averli cuciti insieme seguendo le linee guida dell'illustrazione, il bucket hat era pronto.
Un dettaglio che potrebbe indispettire il lettore interessato all'acquisto del libro è il prezzo - 60$. Per questo motivo ADIFF ha deciso di caricare gratuitamente alcuni carta modelli online. "Anche se l'auto-pubblicazione è sorprendente, è più impegnativo con un libro di design, soprattutto se a colori. Nell'interesse della trasparenza, volevamo condividere con chi ci segue dove andranno a finire i soldi spesi nell'acquisto del libro”, hanno dichiarato le designer. La prima pagina dell'Open Source Fashion Cookbook indica le spese sostenute da ADIFF durante la creazione e la vendita del libro: 24$ del prezzo vanno alla royalty di Amazon e gli altri 36$ sono divisi tra il costo di stampa (20$) e la commissione alle designer (6$). 10$ è l’ utile netto che ADIFF si trova alla fine di tutte le spese. Questa mossa garantisce la trasparenza tra il marchio e il consumatore, e se si confrontano i risultati con il cartellino del prezzo, sorge spontaneo vedere l'acquisto del libro come un investimento a lungo termine, data la sua natura educativa. “Abbiamo in programma di continuare con le edizioni aggiuntive del nostro Cookbook, per continuare a lavorare per un sistema moda più accessibile ed equo. Poiché comprendiamo che non tutti hanno accesso a conoscenze specifiche o macchine da cucire, il nostro obiettivo post-Covid è quello di aprire il nostro studio dove terremo dei workshop, consentendo al pubblico di venire e creare ricette dal libro presso la nostra struttura", afferma Angela Luna.
Quando si parla di DIY, lo smart design è un approccio cruciale che dovrebbe essere rispettato promuovendo l'upcycling, dato che il suo scopo è quello di semplificare il processo di progettazione e di renderlo accessibile. In un'industria della moda che con i suoi trend è ancora in grado di influenzare il comportamento dei consumatori, il modo in cui i marchi comunicano e diffondono messaggi di pratiche sostenibili ha il suo impatto sull'implementazione di comportamenti etici. Il DIY è diventata una tendenza molto seguita dai Millennial e dalla Gen Z. Sulla base della ricerca condotta da Opinium nel Regno Unito nel 2020, due adulti su cinque hanno sperimentato con il DIY durante il lockdown, e quasi la metà di loro prevede di continuare in futuro. L'etica del DIY motiva le persone, indipendentemente dal loro background, occupazione o estrazione sociale, a trovare soluzioni senza fare affidamento su professionisti o persone esterne. La recente espansione del trend si deve sicuramente ai lunghi mesi di lockdown che hanno costretto le persone a rimanere a casa, ed è conseguenza diretta del crescente interesse verso la sostenibilità. “In un mondo di re-use e di allungamento della vita dei capi attraverso il vintage e il second-hand l'unica opzione per i marchi per continuare a progettare nuovi articoli è realizzare questi capi con materiali riciclati. Poiché i prezzi dei prodotti di design aumentano a causa del costo del lavoro etico e del riciclaggio dei materiali, speriamo che il futuro dell'upcycling venga democratizzato in modo che tutti possano partecipare, indipendentemente dal loro reddito", ha dichiarato Angela Luna.
Creare da zero assicura libertà di espressione e fornisce a chi lo fa strumenti e tecniche nuove, un processo di apprendimento e crescita personale che rende chi fa DIY sempre meno interessato alla moda di massa e al fast fashion. Dai mobili da montare di IKEA, al taglio dei jeans per trasformarli in pantaloncini, c'è una serie infinita di possibilità per reinventare e creare item con le nostre mani. L'upcycling non è una pratica nuova, ma qualcosa che facevano già i nostri nonni, ma è oggi che ha assunto la massima rilevanza. Secondo il rapporto della Business Research Company - Ethical Fashion Market Global Report 2020-30-, ogni secondo un carico di vestiti viene inviato in discarica o bruciato, rendendo la moda una delle industrie più inquinanti e generatrici di rifiuti. Si prevede che il mercato sostenibile crescerà fino a 9,81 miliardi di dollari nel 2025 rispetto ai 6,35 miliardi di dollari nel 2019. Nel frattempo, considerando le conseguenze della pandemia, che ha portato da 140 a 160 miliardi di euro di inventario in eccesso dalle collezioni SS20, il cambiamento di mentalità da fast a etico potrebbe essere dietro l'angolo.
"L'industria (della moda) è collegata in superficie a questi problemi di portata globale, ma non nel prodotto, nella missione o nel sistema. È triste e ironico vedere come la maggior parte dei lavoratori dell'abbigliamento delle comunità POC siano quelli più colpiti dai cambiamenti climatici e da altre questioni ambientali a cui l'industria della moda contribuisce, quando in realtà sono queste comunità le prime a implementare pratiche sostenibili, prima ancora che questa parola diventasse la nuova fissazione della moda”, chiosa Angela Luna.