Kering ha comprato il 5% di Vestiaire Collective
Un investimento da 216 milioni di dollari
02 Marzo 2021
Da quando i grandi gruppi della moda si sono resi conto che esiste un mercato second-hand sempre più forte e sempre più in crescita, uno dei loro principali obiettivi è stato tirare dalla loro parte quell’enorme fetta di consumatori che, per motivi finanziari o di principio, acquistano il proprio lusso nei vari market place online fioriti un po’ ovunque negli ultimi anni. Forse Kering è il gruppo che è arrivato più in là di tutti nel suo percorso di conquista del second-hand, prima con la partnership di Alexander McQueen con Vestiarie Collective che è stata il presagio di un robusto investimento da parte del gruppo francese nell’app: 216 milioni di dollari per acquistare il 5% delle sue azioni. Ad “aiutare” il mega-gruppo nell’investimento ci sono stati anche altri micro-investitori che però sono rimasti anonimi. Ecco le parole di François Pinault:
Il lusso di seconda mano è un trend reale e con radici profonde – specialmente fra i giovani consumatori. Il trend rappresenta un vero cambiamento e cambierà la forma dell’industria del lusso nei decenni a venire.
Kering ha due obiettivi con questa operazione: uno ovvio e uno meno ovvio. Quello ovvio, come emerge dalle parole di Pinault stesso, è quello di aprire il business verso una nuova audience, più giovane e capace di permettersi effettivamente i pricing point del lusso di seconda mano – il tutto cavalcando il bianco destriero della sostenibilità e senza il minimo sforzo produttivo: l’unico possibile stress sarà infatti logistico e organizzativo. Il motivo meno ovvio riguarda invece i clienti del lusso: la strategia di Kering, collaudata in versione soft con la partnership di McQueen, prevede il re-engagement di vecchi clienti, che si liberano di prodotti che non usano ma che vengono invitati a spendere in nuovi prodotti dello stesso brand. In questa maniera si potrebbe capitalizzare persino su chi ha già speso il proprio denaro, creando un contatto personale col cliente e usandolo per alimentare le vendite delle nuove collezioni, il tutto diffondendo la propria sfera d’influenza su nuove e più ampie categorie senza “macchiarsi” del peccato degli outlet e della scontistica – argomento che per la moda più haute costituisce ancora un motivo di scandalo.