Perché i brand di Kering stanno abbandonando le fashion week?
Il gruppo industriale dei Pinault lavora a nuove strategie
26 Febbraio 2021
Da quando la transizione al digitale è diventata un passo obbligato per la moda, il sistema di sfilate e presentazioni che fino a poco tempo fa si riteneva solido e immutabile è stato quasi del tutto scardinato. A due stagioni di distanza dall’ultima fashion week fisica di Milano, l’uscita di brand come Gucci e Bottega Veneta dal calendario delle fashion week sembra quasi normale – considerato anche come questo tipo di abbandoni illustri, in favore di presentazioni indipendenti, è diventato un po’ la prassi per numerosi big player. Ma in questo caso c’è uno schema ricorsivo che emerge: a fare dai capofila nei drop-out sono infatti, insieme a Gucci e Bottega Veneta, anche Saint Laurent, Balenciaga e Alexander McQueen, tutti i brand di Kering; mentre i “rivali” del gruppo LVMH sono rimasti saldamente inseriti dentro i calendari ufficiali. Se si considera che, nello stesso frangente, Bottega Veneta ha deciso di scomparire dai social media, mossa parte di una più ampia strategia di differenziazione in atto a casa Kering, sarebbe facile supporre che ci siano un piano molto più ampio in movimento per i principali protagonisti dell’industria. Bisogna solo capire quale.
Prima di proseguire nella nostra analisi è bene specificare che i brand di Kering non sono affatto i soli ad aver abbandonato le fashion week: Versace e Tom Ford hanno abbandonato le proprie cornici “locali, rispettivamente Milano e New York, per presentare in date più convenienti; Ralph Lauren, Michael Kors e Marc Jacobs hanno seguito l’esempio di Ford in America così come Azzedine Alaïa lo ha fatto a Parigi. All’interno di questi abbandoni, tutti di certo causati da motivi tecnici e di visibilità, la decisione collettiva di Kering di seguire un proprio calendario indipendente potrebbe rappresentare una mossa, audace ma comunque sensata, di sfruttare i vantaggi della differenziazione: i cinque brand di punta di Kering sono infatti anche fra i cinque brand di maggior successo nell’industria, far loro seguire dei piani indipendenti è la maniera migliore di attirare tutti gli sguardi su di loro e di non farli sparire nella sequela di video-presentazioni che sono diventate le fashion week europee.
Ancora una volta, come nel caso dell’interesse dimostrato dal mondo della moda per Clubhouse, si avverte la nascita di una stanchezza nei confronti dei media mainstream: così svanisce la fiducia in un Instagram ormai iper-saturo di contenuti, dove ormai la prassi è diventata quella di nascondere inserzioni assillanti e dove annunci di campagne e collezioni si susseguono a un ritmo che quasi stordisce, anche i big player di Kering hanno deciso di giocare al loro gioco e avere momenti solo per sé stessi invece che finire nella stessa lista degli altri. Uscendo dal solito ragionamento tradizionale, che vorrebbe ad esempio tutti i brand milanesi protagonisti della fashion week, si potrebbe forse dire che l’assenza di questi big player lascia più spazio alle nuove voci dell’industria che invece traggono beneficio dalla struttura della fashion week – al cui interno, nel caso di Milano, rimangono comunque nomi grandi e importanti come Prada, Valentino, Armani, Sunnei e via dicendo. L’unico svantaggio è forse per il pubblico, che vedrà appannarsi il mito della kermesse della moda, con il suo corteggio di eventi grandi e piccoli, personaggi internazionali che si riversano in città e uscite dalle sfilate gremite di fotografi.