I CEO donna nell'industria della moda sono aumentati del 95% nel 2020
Sono quasi 100 i nuovi amministratori delegati donna nominati nell'ultimo anno
09 Febbraio 2021
Il dibattito sulla diversity, sulla parità di genere e sulla rappresentanza di voci ed etnie diverse è diventato uno dei più accessi e discussi dell'industria della moda. Mentre sulle passerelle e nelle campagne pubblicitarie delle Maison trovano sempre più spazio modelle con body shape non conformi allo standard, o appartenenti a minoranze, la riflessione sulla rappresentanza femminile ha permeato anche i vertici dell'industria, nello specifico il numero di donne che siedono nei consigli di amministrazione o che, ancora meglio, li presiedono.
Nel 2020, la presenza femminile tra gli amministratori delegati è cresciuta di quasi il 100%. Secondo un rapporto stilato da Nextail, società di ricerca dati di Madrid, più di 100 donne sono state scelte per ricoprire il ruolo di CEO nel settore dell'abbigliamento nel 2020. Il report evidenzia come, in un piano più ampio e a lungo termine verso una maggiore digitalizzazione e sostenibilità, la scelta di un leader donna appare come una mossa strategica e sembra essere particolarmente apprezzata da società di base in Europa e negli Stati Uniti. All'interno del report, Nextail evidenzia importanti traguardi e nomine storiche, come quella di Helena Helmersson, primo CEO di H&M non appartenente alla famiglia proprietaria del brand, o quella di Sonia Syngal come presidente e CEO di Gap, Inc.,lo scorso marzo. Lauren Hobert è diventata invece la prima CEO donna del retailer di articoli sportivi Dick’s Sporting Goods. Sono stati in particolari i brand del ready-to-wear ad introdurre il maggiori numero di donne al loro vertice, il 24,5% del totale, seguiti dal settore footwear, fast fashion, gioielli e accessori. Anche per quanto riguarda i grandi magazzini e i siti di e-commerce, come MatchesFashion, non sono mancati nuovi ruoli assegnati a professioniste donne, il 7.8% del totale.
In un anno tumultuoso per il mondo e per l'industria della moda, tanto per la pandemia, quanto per le nuove istanze sociali e politiche che hanno guadagnato sempre più spazio e rilevanza, si sono registrati oltre 100 cambiamenti ai vertici dei brand del settore. In molti casi, le nuove leader chiamate alle guida del marchio sono andate a sostituire gli stessi founder o gli eredi della famiglia proprietaria del brand, in alcuni casi dopo decenni di leadership, o altre volte, i ruoli di CEO sono stati creati lì dove prima non esistevano. Ciò è accaduto da Kylie Beauty, la società di cosmesi fondata da Kylie Jenner, o da J. Crew, che hanno visto un avvicendarsi di volti diversi al loro vertice. Per 100 nuove CEO, ce ne sono state parecchie invece costrette alle dimissioni, nella maggior parte dei casi per scandali di natura personale, o per un comportamento non più in linea con lo spirito dei tempi. Lo scorso giugno, ad esempio, in concomitanza con le manifestazioni del movimento Black Lives Matter, Reformation era stata accusata da un'ex dipendente di aver creato un ambiente che favoriva l'avanzamento di carriera di persone bianche. Le accuse portarono alle dimissioni della founder e CEO Yael Aflalo, sostituita da un'altra donna, da tempo all'interno del brand, un destino simile a quello toccato a Leandra Medine di Man Repeller.
Tra i motivi della crescita - pari al 95,1% - di rappresentazione femminile tra i CEO di moda rispetto ai loro predecessori, Nextail parla di una maggiore attenzione verso la diversità e l'inclusione, oltre che la ricerca di un'effettiva parità tra i generi, buone intenzioni che si allineano con dei dati: l'80% degli studenti delle più importanti scuole di moda al mondo e il 75% delle persone impiegate in negozi di abbigliamento sono donne. Il settore è costituito fin dalla sua fondamenta da figure femminili, che solo ora hanno la possibilità di iniziare la scalata verso la cima. Il report prevede infatti una crescita costante nei numeri della leadership femminile, un'evoluzione che porterà naturalmente ad una maggiore rappresentazione, a più voci che possono fungere da mentore e ad un ambiente davvero più inclusivo. Non è molto, ma è un primo passo nella giusta direzione.