5 designer che fanno dialogare moda e architettura
Due discipline creative solo apparentemente distanti fra loro
05 Febbraio 2021
Diventare un fashion designer o il direttore creativo di un grande brand può spesso essere una strana strada. Sono molti infatti i top player della moda arrivati dove sono dopo un percorso multidisciplinare – cosa che fino a dieci anni fa poteva essere percepita come un limite ma che adesso è vista come una ricchezza. La moda è sempre più multidisciplinare e dialoga con vari ambiti della creatività – ma ce n’è uno, quello dell’architettura, con cui il dialogo e il rapporto rimangono da sempre privilegiati. Il motivo risiede certamente nella natura costruttiva di entrambe le discipline che, pur con materiali e risultati diversi, crea spazi per i macro e i microcosmi dell’uomo, per le sue città e il suo corpo. I rapporti fra moda e architettura sono fra i più vari: si può andare dal fashion desginer che ha un background di architetto fino al direttore creativo che flirta con grandi architetti; o anche di passioni squisitamente personali che però si fanno strada sulla passerella.
Per raccontare questo rapporto fra due discipline solo apparentemente distanti, la redazione di nss magazine ha scelto cinque designer che hanno fatto dialogare moda e architettura, ciascuno a modo proprio.
Virgil Abloh
Virgil Abloh non crede nelle discipline, il suo approccio alla creatività è olistico ma il suo originario amore per l’architettura non può essere dimenticato. «Ho creato il brand per investigare l’architettura», ha detto una volta a Dezeen. Un amore che si è recentemente manifestato con la creazione di città indossabili per la sfilata FW21 di Louis Vuitton, ma anche nei suoi continui richiami a Mies Van Der Rhoe – l’architetto che disegnò il campus dell’Illinois Institute of Technology dove Abloh studiò architettura. «Studiare architettura nella Crown Hall ha avuto un forte impatto sulla mia estetica», ha detto una volta il designer. Lo studio delle linee, la capacità dello stile modernista di rifrangersi nelle culture locali – tutti fattori che sarebbero poi riemersi nelle sue collezioni.
Miuccia Prada
Che la first lady della moda milanese amasse l’architettura si poteva ben immaginare: è dalla sua decennale amicizia con Rem Koolhaas che è nato l’attuale design di Fondazione Prada così come i set delle iconiche sfilate FW20 e FW21. Anzi, la collaborazione fra Prada e lo studio AMO di Koolhaas è quasi qualcosa di scontato se si conosce la storia del brand. L’architettura gioca un ruolo fondamentale nello storytelling degli show di Prada: il celeberrimo show FW16 esprimeva l’ansia e la concitazione mimando il palcoscenico degli auto-da-fè; il set design dello show FW17, invece, rappresentava una stratificazione di architetture che era specchio della stratificazione di estetiche della collezione; lo show FW18 invece aveva un set surrealistico che voleva descrivere il mondo come un atmosfera sovraccarica in cui sfilava una collezione che invece era intimistica. Per la collezione FW18, poi, Miuccia invitò architetti e product designer a creare degli item in collaborazione. Vennero coinvolti Rem Koolhaas e il duo Jacques Herzog & Pierre de Meuron. Il primo disegnò uno zaino che si indossava sul petto e non sulla schiena mentre Herzog e De Meouron una camicia a stampa decorata da motivi grafici che ricordavano i linguaggi antichi.
Glenn Martens
Il designer di Y/Project è decisamente un astro nascente nel mondo della moda e, stagione dopo stagione, il brand di cui è al timone assume rilevanza sempre maggiore. La specialità di Martens è la decostruzione, il (quasi letterale) discioglimento delle silhouette che crea forme nuove che abbracciano la figura umana. Parte di questo approccio viene dai suoi studi all’onoratissima Accademia Reale di Anversa – ma prima di studiare la moda Martens studiò interior architecture al Sint-Lucas Ghent. Un periodo di studio che si dimostrò importantissimo: «Si può tradurre l'architettura nella costruzione dei capi; i pezzi sono assemblati come esperimenti di costruzione. Alcuni sono un po'più esagerati e altri no. Ma ogni pezzo ha un tocco costruttivo».
Gianfranco Ferrè
Designer il cui lavoro è spesso e ingiustamente trascurato nel ripensare alla storia della moda italiana, Gianfranco Ferré è, come Glenn Martens e Virgil Abloh, un ex-studente di architettura. In lui però l’influenza della disciplina architettonica si sente con molta forza, tanto che in vita venne chiamato l’architetto della moda e disse: «Sapevo che non avrei fatto l’architetto. Ma posso affermare con sicurezza che, in tutti questi anni di attività, ogni mia creazione ha almeno un briciolo – e spesso molto di più – di quanto ho imparato al Politecnico di Milano». Di tutti i grandi designer storici, Ferrè è forse insieme a Gianni Versace l'unico i cui design non risultino invecchiati nel tempo. Il suo item-simbolo era la camicia bianca, reinterpretata in così tante declinazioni diverse e con una varietà di costruzioni tali da far entrare alcuni dei suoi look nel regno di un'ufficiosa avant-garde. Ricordiamo che anche che Ferrè fu direttore creativo di Dior dal ’89 al ’97 (il primo e unico italiano, insieme a Maria Grazia Chiuri), introdusse l’eyewear nelle collezioni del brand.
Rei Kawakubo
La fondatrice di Comme des Garçons, Rai Kawakubo, è una designer tanto leggendaria quanto schiva e sibillina. Una delle sue interviste più celebri fu per Dazed & Confused Magazine, nel ’95, con Paul Smith nel ruolo del giornalista. Fu in questa occasione che, nel suo classico stile secco e brevissimo, Kawakubo disse: «Mi piacciono la semplicità e la spaziosità di Le Corbusier». Ma quello che potrebbe sembrare solo un commento casuale, racconta invece di un rapporto ben più profondo. Sia perché la designer si occupa materialmente di architettura, disegnando gli spazi dei propri negozi, sia perché, come il critico e scrittore inglese Deyan Sudjic scrisse in nel saggio Rei Kawakubo and Commes des Garçons del 1990: «Non è troppo inverosimile vedere l'influenza del suo modernismo purista nella sua astrazione della moda nei fondamenti della consistenza, della forma e del colore».