La riflessione sul gender della collezione SS21 di Off-White™
“Adam is Eve”
02 Febbraio 2021
C’è una battuta che, nei film americani, viene spesso umoristicamente messa in bocca ai personaggi più conservatori quando parlano di gender: «It’s Adam and Eve, not Adam and Steve». Battuta così trita e ritrita da essere diventata quasi una parodia di se stessa. Ma per la sua ultima collezione di Off-White™, Virgil Abloh ha creato a un cortocircuito di questo concetto, proponendo: “Adam is Eve” – e cioè una fusione dei linguaggi e delle prerogative maschili e femminili, in un tentativo, se non di unire, almeno di avvicinare i due codici, trovando delle soluzioni innovative ai grandi classici del guardaroba maschile. Una sfilata co-ed, dunque, che sembrerebbe aspirare a essere genderless segnando un deciso nuovo equilibrio nell’estetica del brand – che, oggi, non potrebbe sembrare più lontana dalle grafiche massimaliste e dal branding urlato delle prime collezioni.
Un’eleganza nuova, si diceva, che continua a coltivare le piccole signature di design a cui Abloh ci ha fatti abituare da qualche stagione a questa parte (i buchi circolari nei blazer, spezzati sartoriali con elementi in pelle, lacci e nastri che diventano elemento decorativo) ma vira verso una dimensione insolitamente minimalistica, con un’enfasi fortissima posta sulla power suit dalle spalle squadrate, un flirt con le silhouette asimmetriche e l’abbandono del culto delle sneaker, rappresentate in un singolo look nell’intera sfilata. I due grandi cambiamenti avvengono sul piano della silhouette: il tailleur femminile diventa power suit e la blusa si estende futuristicamente sul viso diventando mascherina (una delle più felici e semplici intuizioni della moda post-covid) mentre il completo maschile, pur mantenendo le sue scale di grigio, diventa una sorta di tunica – non troppo frivola né avant-garde, anzi serissima. Quello di Abloh è un suiting moderno, pulito e a suo modo severo, anche se i suoi uomini, pur nella propria libertà di espressione, sembrano prendersi anche troppo sul serio.
In ultimo, i limiti della collezione. Per essere uno show co-ed, in cui cioè sfilano insieme la collezione femminile e quella maschile, si avvisa un certo disequilibrio: se il lato femminile tocca tutti i punti giusti, presentando anche le evoluzioni organiche dei design delle precedenti collezioni, e riuscendo a produrre un effetto di chic ultramoderno, molto cutting edge; il lato maschile rimane quasi in ombra, con dei look in sé ottimi che portano avanti un interessante progetto sartoriale, ma a cui manca un po’ di vitalità. L’idea del completo genderless è ben eseguita, anche se non si capisce perché il guardaroba maschile debba accogliere l’introduzione di tuniche, gonne e pseudo-tank-top da donna mentre quello femminile possa rimanere del tutto invariato, anzi, quasi iper-femminile con la sua sequela di ampi abiti plissé, gonne dallo spacco vertiginoso e power suit che, pur rimanendo serie e quasi professionali nonostante l’opulenza di vestibilità e materiali, esaltano la silhouette delle modelle. In ogni caso, la svolta matura e sartoriale di Off-White™ non potrebbe essere più benvenuta quest’anno – segnando un ulteriore distacco da uno streetwear ormai iper-saturo e stanco e ridefinendo l’idea di un’uniforme elegante per la vita quotidiana.