Perché anche IKEA punta sul mercato second-hand
Iniziando con la vendita dei pezzi di ricambio dei propri mobili
26 Gennaio 2021
Il colosso dell'arredamento a basso costo Ikea ha annunciato in questi giorni che inizierà a vendere i pezzi di ricambio dei mobili e dei complementi d'arredo, in un tentativo più ampio di rendere il proprio operato sostenibile e di diventare, sul lungo periodo, un'azienda circolare. Si tratta di una novità assoluta per il brand svedese, che fino ad ora non permetteva la riparazione dei propri prodotti, ma offriva solo la possibilità di ricomprarli nella loro interezza. Nel corso dell'anno verrà introdotto un sistema di vendita online dove sarà possibile acquistare singole parti di strutture più ampie, come gambe di divani, bulloni, ecc.
Accanto a questa iniziativa, Ikea ne sta portando avanti altre in un'ottica votata alla sostenibilità. Lo scorso anno, ad esempio, ha iniziato a ricomprare alcuni mobili usati, in cambio di buoni acquisti per i clienti. Se non possono essere rivenduti i mobili usati vengono riciclati. Sebbene si tratti di programmi ancora in fase di test, entro il 2030 Ikea vorrebbe diventare un'azienda completamente circolare, facendo sì che ogni suo prodotto possa essere riutilizzato, riparato e riciclato. Per ottenere ciò, occorrerà ripensare non solo le quantità in cui i prodotti del brand vengono prodotti, ma soprattutto i materiali che vengono utilizzati. Come ha svelato lunedì il Financial Times al momento l'azienda utilizza legno al 98% proveniente da fonti certificate per la sostenibilità ambientale o da ricicli. Nel giro di dieci anni l'equazione dovrebbe prevedere almeno un terzo di legno riciclato.
Affrontare attivamente il tema della sostenibilità, con l'obiettivo ultimo di diventare un'azienda circolare, comprende una questione importante e spesso sottovalutata: cosa fare dei prodotti usati. In questo senso, Ikea ha dato vita ad un programma non troppo differente da ciò che si vede da qualche anno nell'industria della moda e in particolare nel settore del lusso, con la grande differenza che l'azienda svedese non si appoggia a piattaforme esterne ma che la circolarità avviene "internamente". La crescente attenzione verso i temi ambientali e una coscienza sostenibile sempre più condivisa, in particolare dalle generazioni più giovani, hanno fatto sì che i brand fossero obbligati ad adattarsi a questo nuovo mindset, ripensando la propria filiera e trovando soluzioni alternative alla distruzione in massa della merce usata o invenduta.
Il second-hand ha guadagnato sempre più spazio e attenzione, tanto che The RealReal, ma anche Vestiaire Collective, sono diventati due esempi lampanti di quanto vale il mercato dell'usato, che ha conosciuto una crescita a due cifre negli ultimi sei anni. Se prima questo tipo di business veniva osteggiato dalle grandi Maison, oggi il settore del second-hand rappresenta un'opportunità unica per ripensare la narrazione che si fa della sostenibilità, attraverso iniziative che non solo possono ridefinire la reputazione e la brand value, ma che convengono anche finanziariamente. Non sorprende quindi che Gucci abbia stretto un accordo con The RealReal per vendere "certified pre-owned” capi. Si tratta tuttavia di un'iniziativa quasi tardiva, che colma quella distanza che ha sempre diviso il luxury più storico da queste nuove istanze, interpretate nel migliore dei modi da aziende giovani e agili. Dopo che per anni piattaforme esterne e siti indipendenti hanno guadagnato con i prodotti second-hand di lusso, ora sono i brand a rivendicare quella fetta di mercato.
Per cercare di scampare alle accuse di green-washing, ai brand non basterà solo cambiare linguaggio e qualche materiale, ma sarà cruciale andare a creare un'esperienza unica per il consumatore finale, che non finisce al momento dell'acquisto, ma che inizia proprio lì. Il consumatore deve essere invogliato e invitato a tornare continuamente dal brand, riportando ciò che ha già usato, comprando solo una piccola parte che gli serve, decidendo di investire su un prodotto già usato ma recuperato, instaurando una relazione solida, in cui il brand fornisce al cliente tutto ciò che ha bisogno, da un punto di vista pratico e ideologico.