Vetements è morto?
Il brand di Guram Gvasalia torna alla PFW dopo continue speculazioni sulla sua fine
22 Gennaio 2021
Sono ormai tre anni che l’industria della moda in tutte le sue componenti discute dell’inesorabile declino di Vetements, ormai dato per spacciato, finito, quasi invitandolo a ritirarsi prima di diventare ridicolo. Dopo un anno di pausa trascorso lontano dalle passerelle, il brand fondato da Demna e Guram Gvasalia, oggi guidato da quest’ultimo, torna a presentare la collezione FW21 nella cornice del calendario ufficiale della PFW, una novità non da poco, vista la tendenza del brand ad optare per date e location lontane dai tradizionali appuntamenti parigini. Alla vigilia dello show, dunque, il dubbio resta: Vetements ha ancora qualcosa da dire?
Lo scontro con i media e la morte dell’hype
Era il 2018 quando Highnosbiety dichiarava morto il marchio disegnato da un collettivo di designer guidati da Demna Gvasalia, argomentando la radicale presa di posizione parlando di un drastico calo nelle vendite e di un generale disinteresse verso il brand. Mentre Vetements replicò alle accuse parlando di “fake news”, qualsiasi altra testata giornalistica riprese l’articolo ostentando un tono quasi condiscendente, venato da un pensiero neanche troppo nascosto che si potrebbe riassumere in “Ve l’avevamo detto”, “Cosa vi aspettavate”. Vetements is “Dead” but Did You Really Expect Anything Else?, titolava The Fashion Law, spiegando come l’hype generato dal brand non poteva durare in eterno e che, prima o poi, ciò che aveva reso grande Vetements ne avrebbe decretato la fine. Nello specifico: capi troppo basic, collezioni sempre uguali a sé stesse e prezzi decisamente troppo alti.
Con la prima sfilata parigina, tenutasi nel 2014, Vetements aveva acceso i riflettori dell’industria della moda sull’estetica post-soviet, in seguito resa popolare anche da Gosha Rubchinskiy e più recentemente da Lotta Volkova, dando forma ad un immaginario nuovo e inedito, mantenendo elementi del passato tipici della Georgia e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica. In un momento in cui lo streetwear stava guadagnando un riconoscimento mainstream, portare in passerella una hoodie nera decorata dalla scritta “Hoddie” sembrava un gesto rivoluzionario, una riflessione metafisica sul concetto di vestiti che nessun altro era in grado di fare. Vetements era circondato da un’aura di coolness impossibile da spiegare e che all’epoca nessuno aveva (e per rendere cool una T-shirt di DHL di glam ce ne doveva essere davvero molto). Tutto ciò che il brand produceva contribuì a cementificare un immaginario unico nel suo genere, bold, strafottente, che pescava tanto dal punk-rock e dal metal quanto dallo streetwear e dalla cultura pop, trovando una chiave di lettura unica sospesa tra moda e trolling.
L’hype verso Vetements era alimentato da una parte dal rapporto con i media e dall’uso dei social, in entrambi i casi votato al sensazionalismo e alla viralità, non importa con che tipo di contenuto; dall’altro questa desiderabilità era supportata dalla quantità sempre limitata con cui gli item venivano prodotti, generando continuo desiderio e attesa per tutto ciò che il brand immetteva sul mercato. Se dopo oltre vent’anni il meccanismo dell’hype sembra resistere per Supreme - pur con i suoi limiti - Vetements sembra essere rimasto ingabbiato nella sua stessa fama, diventando una replica di sé stesso, finendo presto per riproporre ciò che l’aveva reso popolare.
L’uscita di scena di Demna Gvasalia
A settembre 2019 Demna Gvasalia annunciò l’addio al collettivo creato insieme al fratello e ad un gruppo di designer e creativi (rimasti per lo più anonimi). L’addio seguiva di poco la nomina a direttore creativo di Balenciaga, la ciliegina sulla torta dopo il successo di Vetements, una parabola simile a quella di Virgil Abloh, partito con Off-White e approdato da Louis Vuitton.
Da quel giorno ad oggi, Vetements sembra essersi cristallizzato nel tempo: se tre anni fa una maglietta da 900€ con lo slogan You F*uck’n Asshole poteva apparire dirompente e rivoluzionaria, oggi una tee del brand con il simbolo dell’anarchia a €380 sembra quasi una presa in giro. Per certi versi, sembra che l’evoluzione che avrebbe dovuto affrontare Vetements sia ciò che abbiamo visto nelle ultime stagioni da Balenciaga, dove Demna Gvasalia ha dato prova di tutta la sua capacità creativa e al vero potere politico e sociale che la moda può avere. Spesso paragonato al genio di Martin Margiela e a quello di Alexander McQueen, quanto meno per la dirompenza delle loro prime collezioni, Gvsalia ha trovato nuovi stimoli e possibilità in un brand dall’heritage ricchissimo e dalle solida fondamenta, grazie alla proprietà del gruppo Kering.
Uno zeitgeist diverso
Non solo da quando Demna se n’è andato sono cambiate molte cose, nell’industria quanto da Vetements, ma nel solo anno in cui il brand non ha presentato nuove collezioni l’industria della moda si è trovata ad affrontare sfide, soluzioni ed evoluzioni senza precedenti dettate dalla pandemia. Non solo non sorprende che Vetements non figuri tra i brand più desiderati del 2020 secondo Lyst, ma viene da chiedersi se il brand avrebbe avuto lo stesso impatto se fosse emerso oggi.
Quel carattere rivoluzionario e assolutamente affascinante che Vetements aveva agli inizi lo ritroviamo oggi in Marine Serre, così come la riflessione sul cambiamento climatico - oggi vero tema politico e sociale centrale per la moda. La popolarità di Telfar è il riflesso del successo e della tanto attesa valorizzazione di un’estetica black, ulteriormente alimentata da prezzi sotto la media, e da un meccanismo made-to-order che ha soppiantato il classico hype. L'estetica imposta da Jacquemus si rifà ad un immaginario più aspirazionale, più da moodboard, perfettamente in grado di anticipare trend ed estetiche. Resta ancora aperto il dibattito sulla vita o sulla morte dello streetwear, ma ciò che è certo è che non basta (più) una hoodie per vendere bene, o quanto meno serve che sia minimal e sostenibile, vedi alla voce Pangaia. Sembra essere cambiato un po’ tutto da quando Vetements stravolgeva il mondo della moda partendo da un iconico gay club di Parigi. Resta da capire se Vetements ha cambiato rotta o se sia deciso a continuare verso una morte certa.