Il resell ha ucciso la sneaker culture?
La risposta in due tendenze che delineano il futuro di un settore da $6 miliardi
13 Gennaio 2021
nss magazine
Non è un segreto che il reselling è ormai una componente imprescindibile dello sneaker game mondiale. Il mercato secondario, che ha raggiunto un valore di oltre $6 miliardi di dollari e previsioni di continua espansione, ha prodotto conseguenze opposte sulle realtà e sulle personalità che quel mercato hanno contribuito a crearlo.
SoleSavy e Imprenditori con le Sneakers sono due facce della stessa medaglia. La corsa all'ultima release, la ricerca disperata di silhouette introvabili, i prezzi senza precedenti raggiunti da determinate scarpe, hanno portato alla polarizzazione e al progressivo allontanamento di due diverse correnti di pensiero, chiamiamole così, che compongono entrambe lo sneaker game: la componente culturale e il business, entrambi irrinunciabili alla riuscita del settore. Da una parte la filosofia di SoleSavy vuole far rivivere la componente più umana, conviviale e partecipativa dell'industria, raccontando lo sneaker game come una vera community, in cui ognuno può comprare solo un paio di sneaker per release - solo per sé - e dove non sono ammessi reseller. Dall'altra un fantomatico corso online per diventare reseller di professione fa leva su una narrazione, foraggiata anche dai media tradizionali e da servizi sensazionalistici (quelli relativi alle sneaker Lidl sono l'esempio più recente), che hanno corrotto l'immagine ma di fatto anche l'essenza dello sneaker game, trasformandolo in un modo come un altro di fare soldi.
"Penso che il resell sia da sempre una componente importante nella Sneaker Culture. Ovviamente il resell di oggi è ben diverso da quello di dieci o vent’anni fa, che per certi versi era controllato da una sorta di “street code” che tutti rispettavano. Non sono mai stato uno di quei puritani che condannano il resell sempre e comunque come se fosse l’unico male per collezionisti e appassionati: è inutile nascondersi dietro a un dito, le sneakers sono una passione costosa e non penso ci sia qualcuno sempre disposto a rinunciare a un possibile guadagno da “reinvestire” comprando altro. Bisogna però fare una distinzione importante: iscriversi a decine di raffle ogni weekend, sperare in qualche vittoria e poi vendere una o due scarpe a StockX non è fare il reseller. Soprattutto oggi il resell è una cosa seria per cui servono fondi e conoscenza del prodotto", ha spiegato a nss magazine Marco Rizzi, editor e collezionista.
L'espansione del mercato del resell è stata tuttavia amplificata e incoraggiata da un interesse generalizzato, quasi mainstream, verso il settore. "Non si può negare che parte della popolarità guadagnata negli ultimi anni dalle sneakers sia legata a un aspetto economico, ma non credo che strapagare una scarpa per postare una foto sui social, per poi rivenderla a propria volta appena cambiano i trend, sia “Sneaker Culture”. Sarebbe ridicolo parlare di materialismo nel mondo delle sneakers, alla fine parliamo di gente che compra troppe scarpe, però per molte persone che si sono avvicinate a questo mondo negli ultimi anni costoso è uguale a bello e più una scarpa acquista valore sul mercato secondario, più è desiderata. Molto probabilmente se e quando la “bolla” delle sneakers scoppierà, in tanti cambieranno interesse e tra i reseller continueranno a guadagnare soltanto i professionisti. Per questo non mi preoccupo troppo, alla fine io sarò ancora qui a comprare più del dovuto e non posso pretendere che tutti abbiano il mio stesso approccio alla Sneaker Culture", ha continuato Rizzi.
Non si può negare che nessuno dei maggiori brand del settore, da adidas a Nike, non solo non abbia mai affrontato apertamente la questione del reselling - perché i benefici e i guadagni che esso garantisce sono troppi per potervi rinunciare - ma di fatto alimenti il mercato secondario con release limitatissime e drop esclusivi. Spiega Rizzi: "Il ruolo dei brand in tutto questo è sempre stato difficile da decifrare, si potrebbe condannare il fatto che le aziende stiano speculando sulla crescita del resell, sia a livello produttivo che di distribuzione, ma staremmo dimenticando che l’obiettivo di un’azienda è creare utili, non preservare o promuovere una sottocultura. Un contributo importante da parte dei brand potrebbe essere, per esempio, quello di creare maggiori garanzie per i compratori finali anche non diretti rendendo i legit check più facili, magari con metodi simili al sistema Certilogo utilizzato da Stone Island".
Forse la più netta differenza che si può tracciare tra SoleSavy e Imprenditori con le Sneaker è generazionale, frutto di un diverso modo di intendere e vivere lo sneaker game. "Non penso il resell sia una piaga, ma sono convinto che negli ultimi anni si sia fallito nel comunicare la sneaker culture come, appunto, una cultura e non come un potenziale business. Probabilmente la colpa è anche di una chiusura generale delle “vecchie generazioni” di collezionisti, che ha fatto sì che i più giovani trovassero più interessante il lato economico rispetto a quello culturale legato alle community e al collezionismo. Il "buy, sell & trade", come in tutti gli ambiti di collezionismo, ha sempre giocato un ruolo fondamentale nel mondo delle sneakers, contribuendo a creare legami importanti. Anche il resell è qualcosa che andrebbe approcciato con serietà e professionalità, conoscendo il prodotto che si vende e il “linguaggio” da utilizzare con i propri clienti", ha continuato Rizzi.
Quindi, nel 2021, ha ancora senso parlare e fare reselling? "Il mondo delle sneakers non è mai stato così esposto al “pubblico generalista” e, di conseguenza, il mercato secondario collegato a esso non è più qualcosa di sommerso, di esclusivo interesse di chi compra e vende sneakers. Soltanto negli ultimi anni hanno cominciato a far discutere quelle che chiamo “sneakereconomics” tra i professionisti anche in altri settori. Sono già passati sei anni dallo speech in cui Josh Luber ha parlato di un modello di business relativo alla compravendita di sneakers al TED@IBM, ma il resell e in generale il mercato secondario delle sneakers esistono da decenni e soltanto recentemente si è cominciato a prenderli sul serio. I numeri relativi al mercato secondario delle sneakers sono enormi e sarebbe impossibile non discuterne. Per quanto riguarda il “fare”, beh, sembra non ci siano mai stati così tanti potenziali clienti ma questo non significa che il mondo delle sneakers sia il Far West e che tutti debbano provarci, forse sarebbe meglio lasciare queste cose a chi le sa fare", ha concluso Rizzi.