Il senso della polemica su Armine Harutyunyan
Perché, ancora oggi, la bellezza di una donna deve diventare oggetto di discussione?
31 Agosto 2020
In queste ultime ore si sta parlando molto di Armine Harutyunyan, modella armena di 23 anni, da diverse stagioni volto caro a Gucci e presenza fissa sulle passerelle degli show del brand guidato da Alessandro Michele. Non è totalmente chiaro il motivo per cui si sta discutendo della modella, pare per una presunta lista stilata da Gucci concernente le 100 modelle più sexy del mondo - lista mai esistita. Durante il weekend, la modella è diventata il bersaglio di insulti e di commenti negativi riguardanti il suo aspetto fisico e persino di foto fake in cui è ritratta mentre fa il saluto romano davanti all'Altare della Patria.
È bene sottolineare che l'aspetto della giovane modella è diventato oggetto di discussione solo in Italia, a testimonianza di quanto il nostro Paese possa dirsi al passo coi tempi nella concezione della bellezza femminile. Altro aspetto importante della questione è che Harutyunyan non è un volto nuovo nella scuderia Gucci, al contrario, chi è appassionato di moda e segue le sfilate, sa che la modella ha aperto uno degli ultimo show del brand e che il suo aspetto è perfettamente in linea con l'immaginario portato avanti dalla Maison. Come ha scritto bene Jonathan Bazzi, finalista del Premio Strega 2020, ormai da decenni le modelle hanno smesso di (dover) essere bombe sexy, incarnazione delle fantasie erotiche del pubblico, diventando invece puri simboli, rappresentazione finale dei valori, dei riferimenti, e della storia di un brand. A questo tipo di volti - definiti fastidiosamente “particolari” - il mondo della moda è abituato da anni, quanto meno negli ultimi sei anni, quelli di Alessandro Michele da Gucci. Chiunque conosca il brand non è rimasto sorpreso nella scelta di Armine, perché quel suo aspetto spesse volte etichettato come anti convenzionale, antitetico alle regole dell’industria, è esattamente quello a cui Michele ci ha abituato. Dopo gli opulenti anni di Tom Ford - le cui campagne sì vendevano sesso - e quelli poco incisivi di Frida Giannini, il designer romano ha introdotto un’estetica nuova, popolata da freaks, da tutto ciò che non era mai stato definito ‘fashionable’, o semplicemente 'bello', che siano modelli con la sindrome di Down, artisti di nicchia o testimonial gender fluid.
Mettiamo caso invece che non siate appassionati di moda, che non sappiate chi è Michele e che cosa abbia fatto da Gucci negli ultimi anni. Bene, questo giustifica i vostri insulti?
Il dibattito sulla bellezza di Armine è il risultato di una visione della donna totalmente sessualizzata, che più di tutto ha bisogno della validazione da parte dell'uomo - e della sua libido - per potersi sentire bella. Resiste ancora quella mentalità per cui la donna è bella, è valida, è interessante solo se in grado di stuzzicare l’appetito sessuale dell'uomo, altrimenti verrà sempre etichettata con espressioni come "E' un tipo", "E' una bellezza particolare", "Diciamo che punta sulla simpatia". Siamo qui a discutere del concetto di bellezza, un argomento che mai e poi mai potrebbe diventare il soggetto di tanti articoli e dibattiti se si trattasse di un uomo. Come scrive sempre Bazzi, il double standard persiste anche in questo senso. Nella moda, come in tanti altri campi, l'uomo può essere brutto, perché non conta, perché non sarà mai un aspetto rilevante della sua persona, mentre se una donna non è bella - o non conforme ai canoni di bellezza tradizionale - allora subito va sottolineata questa cosa, non solo, va enfatizzata, come a dire "Non è figa, quindi deve essere brava davvero". Non si tratta di emancipazione femminile o di progressisimo poter scrivere esplicitamente che Armine non è bella, ma è un'altra, subdola forma di body shaming, che non apre un dibattito sulla concezione di bellezza oggi, ma fa rientrare la donna in categoria anacronistiche e maschiliste.
Ma se il mondo della moda, che per definizione è costruito su estetica e apparenza, ha fatto i conti con Michele, l'ha lodato, elogiato, premiato dal punto di vista delle vendite, e con Armine Harutyunyan, con le sue sopracciglia e con i suoi lineamenti, perché non possiamo farlo anche noi? Perché ancora oggi dobbiamo stare qui a discutere della bellezza femminile come se fosse l'unico aspetto rilevante di una donna, come se fosse ancora uno scoglio insormontabile o requisito necessario per la sua realizzazione personale, nel privato come nella società?
Molte volte è stato detto che il mondo della moda lavora guardando al futuro, facendosi precursore di linguaggi e immaginari. Il fatto che Armine sia stata scelta come volto di Gucci dovrebbe farci capire quanto l'industria della moda (se per convenienza o per puri ideali sta a voi giudicarlo), abbia accolto e si sia fatto rappresentante di un ideale di bellezza, nuovo, fluido, inclusivo. Un ideale utopico per cui non siamo ancora del tutto pronti.