Valentino, i sandali Rockstud e il problema dell’esclusività nella moda
Il brand ha tentato di registrare il design della scarpa best-seller, senza riuscirci
19 Agosto 2020
Introdotte nel 2010, sotto il doppio regno di Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri, i sandali Rockstud di Valentino sono diventati negli anni uno dei prodotti di punta del brand. Secondo i calcoli di The Fashion Law, i sandali hanno generato guadagni per 152 milioni di dollari nel solo periodo che va tra il 2014 e il 2019, andando sold-out stagione dopo stagione e diventando persino le protagoniste della campagna FW16 del brand scattata da Terry Richardson. Eppure, nonostante il fatto che i Rockstud siano stati «una presenza fissa nelle boutique per oltre un decennio», come si può leggere nel filing presentato da Valentino allo U.S. Patent and Trademark Office la scorsa settimana, i giudici americani hanno deciso che il sandalo non presenta abbastanza elementi distintivi da essere registrato.
Secondo il procuratore legale che ha esaminato il caso le borchie sono «un elemento puramente decorativo e ornamentale e dunque non fungono da indicatore della provenienza dei prodotti di Valentino». Al che i legali del brand hanno replicato asserendo che lo straordinario successo commerciale della scarpa dimostrava la distintività del design – un argomento che ha fatto poca presa sul Trademark Office il quale ha sottolineato ulteriormente che le borchie quadrate sono un elemento troppo comune per diventare il trademark di un solo brand. Nella sua riposta a questo rifiuto, lunga 227 pagine, i legali di Valentino hanno anche citato la celebre causa intentata nel 2011 da Christian Louboutin contro Saint Laurent per l’utilizzo della suola rossa nelle proprie calzature – causa vinta da Louboutin dopo che ques’ultimo presentò i propri budget pubblicitari, i dati della copertura media delle sue campagne e quelli delle proprie vendite a dimostrazione della distintività assunta dal colore rosso della propria suola. Nello stesso documento, i legali di Valentino arrivano a paragonare il successo delle scarpe Louboutin con le Rockstud.
I filing per la registrazione dei sandali Rockstud, uno per la versione piatta e l’altra per quella col tacco, rimangono a oggi ancora aperti. Nel frattempo, la relativa semplicità del design del sandalo ha fatto sì che molte imitazioni firmate da brand di fast fashion o high street apparissero negli anni: precisamente ciò che Valentino vorrebbe evitare con la registrazione del trademark. Il caso più eclatante di tutti fu nel 2016, quando ASOS mise in commercio un sandalo pressoché uguale a quello di Valentino, inducendo il giornale inglese The Sun a titolare un proprio articolo dell’epoca con forse inconsapevole ironia: «I tacchi di Valentino da 600£ che ogni celebrità vuole addosso… e le scarpe da 45£ di ASOS che sono del tutto identiche».