Philipp Plein ha copiato gli artwork della collezione Dior x Shawn Stussy
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19 Giugno 2020
Dopo aver celebrato (per modo di dire) Kobe Bryant durante una sfilata in cui un gigantesco elicottero dorato era in bella vista del pubblico e dopo aver provato a ricattare Ferrari, promettendo di fare un’enorme donazione a Black Lives Matter se avesse annullato la causa contro di lui, Philipp Plein è stato accusato da Diet Prada di aver copiato gli artwork disegnati da Shawn Stussy per la Pre-Fall 2019 di Dior adattando il famoso e riconoscibile stile a mano libera di Stussy con il suo nome, logo e con il teschio che decora molte delle sue creazioni.
Le accuse di plagio fatte a Philipp Plein sono state molte nel corso degli anni. Qualche anno fa il designer utilizzò gli artwork del graphic designer Von San Pedro per le t-shirt della sua collezione SS18. Anche Alexander Wang accusò Plein di plagio nel 2017 per l’allestimento della sua sfilata Plein Sport – una copia identica al set dello show per la collezione Alexander Wang x H&M del 2014. Nel 2018, poi, il tedesco venne accusato sempre da Diet Prada di aver copiato i design di Craig Green per Moncler mentre un altro caso si ebbe nella collezione FW15 del brand, che presentava accessori letteralmente identici a quelli portati sulla passerella dalla giovane designer Hyein Seo per la sua collezione FW14.
È sempre più evidente che le accuse rivolte a Plein non sono casi isolati ma rappresentano un vero e proprio pattern di appropriazione al centro della cultura del brand, come dimostra anche la causa intentata contro di lui da Ferrari per l'uso improprio da lui fatto dell'immagine del brand. Un metodo non diverso da quello di brand come MNML e Zara, spesso accusati di plagiare i best selling item di famosi brand di moda, riproducendone versioni appena diverse dagli originali. Rimane incerto il motivo per cui un brand tanto di successo come Philipp Plein, uno dei protagonisti fissi della Milan Fashion Week, senta il bisogno di plagiare serialmente il lavoro di altri designer come un qualunque brand di fast fashion senza per altro sforzarsi di rendere meno evidenti i propri metodi – metodi che in ultima analisi risultano assai dannosi, specialmente quando coinvolgono il lavoro di giovani creativi emergenti, costretti a vedersi sottratti i meriti del proprio lavoro.