Dopo Gucci, chi sarà il prossimo?
Le sfilate indipendenti potrebbero scontrarsi con l’agenda delle Camere della Moda
26 Maggio 2020
Da quando l'emergenza coronavirus è scoppiata, molti designer e retailer dell’industria del lusso hanno invocato un cambiamento nel modello stagionale fino a ora seguito dall’industria della moda. Alcuni di essi sono arrivati a proclamare la propria indipendenza dalle fashion week.
Questi sono i fatti principali delle ultime settimane:
- Gucci è stato il primo top-player dell’industria italiana a rinunciare alle fashion week, decidendo di sfilare solo due volte l’anno e rinunciando alle pre-collezioni.
- È il secondo brand del gruppo Kering ad annunciare un programma di show indipendenti dopo Saint Laurent.
- Altri brand che seguiranno il proprio programma saranno Valentino, Dries Van Noten e Armani.
- L’annuncio di Gucci e quelli che lo hanno preceduto sono giunti dopo settimane di proteste da parte di retailer e designer come Armani, Dries Van Noten, Saks Fifth Avenue oltre che del CFDA e del British Fashion Council che hanno invocato un’industria della moda governata da ritmi produttivi meno frenetici.
La scelta di Gucci di rinunciare al tradizionale programma delle fashion week e al sistema delle pre-collezioni è stata la reazione più compiuta alla crisi del fashion system innescata dalla pandemia di coronavirus. Anche se arrivato prima, infatti, l’annuncio di Saint Laurent è rimasto assai generico sui termini precisi con cui avverrà il suo cambiamento né ha specificato se proseguirà con la produzione delle pre-collezioni – questione che probabilmente rimane secondaria per il brand in quanto le sue collezioni Pre-Fall e Resort non vengono presentate con uno show ma con un semplice lookbook.
Il cambio di marcia annunciato da Alessandro Michele possiede inoltre un peso diverso rispetto a quello degli altri brand, in quanto Gucci si trova nella top 5 dei brand più ricercati del mondo insieme a Off-White™, Balenciaga e Prada e possiede una reale capacità di influenza. Se una simile decisione venisse adottata anche dal resto di questi brand, specialmente nel caso di quelli posseduti dai grandi conglomerati del lusso, la loro influenza potrebbe avviare un trickle-down effect che rappresenterebbe un’autentica svolta nel calendario della moda mondiale con importanti e dirette conseguenze anche sui ritmi del retail e sui cicli di lavoro delle fabbriche.
Anarchia o effetto cascata?
Quando un brand annuncia che sfilerà secondo un programma indipendente, infatti, sta di fatto minando l’autorità e l’importanza delle Camere della Moda del proprio paese e non è escluso che, a porte chiuse, si stiano svolgendo intensi bracci di ferro fra singoli brand, gruppi industriali e le sovrastrutture responsabili delle fashion week per trovare una soluzione che soddisfi le esigenze di tutti.
La vera sorpresa è il silenzio dei brand del gruppo LVMH - come Louis Vuitton, Fendi, Celine, Givenchy e Loewe - che stanno mantenendo un rigoroso silenzio circa i propri programmi per il futuro, accentuando l’impressione che l’industria della moda si trovi in uno stato di semi-anarchia e siano venuti meno i tradizionali punti fissi. Un’altra eventualità è che si crei una spaccatura temporanea nell’industria, con alcuni brand che seguono il proprio binario indipendente e altri che aderiscono alla schedule delle fashion week digitali – una situazione che non potrebbe comunque durare a lungo considerata la diffidenza verso il nuovo sistema digitale.