Gucci abbandona le fashion week
Verranno organizzati due show l'anno impostati secondo un nuovo format e annullate le pre-collezioni
25 Maggio 2020
Nelle ultime settimane, sempre più voci all’interno dell’industria della moda avevano invocato un ripensamento del calendario delle sfilate e delle collezioni: Armani, Dries Van Noten, Marine Serre e gli stilisti delle Camere della Moda americana e inglese avevano tutti parlato dell’obsolescenza dell’attuale scansione delle stagioni nell’industria della moda e della loro volontà di sostituirla con un nuovo ordine più naturale. Ma, tranne nel caso di Saint Laurent, i brand dei grandi conglomerati industriali non sembravano aver preso parte a questo movimento. Le cose sono cambiate sono cambiate ieri, con la pubblicazione da parte di Gucci di un lungo messaggio firmato da Alessandro Michele e intitolato Appunti dal Silenzio, in cui il creative director del brand ha annunciato che Gucci abbandonerà il classico calendario delle stagioni:
“Ho deciso di costruire un percorso inedito, lontano dalle scadenze che si sono consolidate all’interno del mondo della moda e, soprattutto, lontano da una performatività ipertrofica che oggi non trova più una sua ragion d’essere. […] Nel mio domani abbandonerò quindi il rito stanco della stagionalità e degli show per riappropriarmi di una nuova scansione del tempo. […] Ci incontreremo solo due volte l’anno per condividere i capitoli di una nuova storia”.
La dichiarazione di Michele non parla soltanto di un’alterazione del calendario o una diminuzione della produzione, ma di una nuova maniera di raccontare la moda, di superare il concetto di sfilata – concetto che già da qualche tempo andava stretto al creative director di Gucci. Già la sua meta-sfilata di febbraio, che aveva capovolto il concetto di backstage portando in prima linea quelle “retrovie” costituite da stylist e truccatori, aveva voluto decostruire il concetto di sfilata tradizionale. Il cambiamento di cui Michele ha parlato, però, sembrerebbe voler trasformare il vecchio show in nuovi “varchi espressivi”. Nelle parole del designer stesso:
“Si tratterà di capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi. Saranno scritti mescolando regole e generi. Si nutriranno di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme comunicative. […] Mi piacerebbe abbandonare l’armamentario di sigle che hanno colonizzato il nostro mondo: cruise, pre-fall, spring-summer, fall-winter. […] Ecco allora il desiderio di battezzare i nostri nuovi appuntamenti con un linguaggio dalle radici meravigliosamente antiche: il linguaggio della musica classica”.
Il superamento del format della sfilata e il significativo abbandono delle pre-collezioni non sembrano essere però solo una questione di nome ma una nuova forma di spettacolo che, in base ai precedenti show del brand, sempre corredati da simbolismi e accompagnati da concept cerebrali, sembra annunciare uno shift verso qualcosa di più simile alla narrazione e alla performance art – o comunque a un nuovo format segnato da una maggiore autorialità.
Ciò che differenzia il messaggio di Michele da quello di tutti gli altri suoi colleghi è proprio la sua aspirazione autoriale. La finzione della pagina di diario, l’importanza attribuita al raccontare e alla narrazione, il bisogno di ricontattare “le regioni più profonde che mi hanno spinto a entrare nel mondo della moda” e l’insistenza sulla dimensione personale richiamano modelli letterari e musicali e sembrano voler riscrivere il ruolo del creative director avvicinandolo a quello di autore vero e proprio. Ciò è importante perché proprio questa dimensione autoriale e più artistica definirà gli show di Gucci in futuro – un brand che, in ragione del suo ruolo di top-player nel mercato della moda attuale, ha il potere reale di ispirare un cambiamento per tutti i settori dell’industria – e che potrebbe davvero segnare l’inizio di un cambio di marcia per l’intera industria.