The Godfather of Dad Shoes: intervista a Steven Smith
Il guru delle sneaker parla di coronavirus, di Kanye e dei suoi lavori migliori
04 Aprile 2020
Parlare di Steven Smith significa parlare di una delle figure più importanti nel mondo delle sneaker degli ultimi trent’anni. Sua è la matita che ha concepito le Reebok InstaPump Fury e le Nike Air Zoom Spiridon Caged 2 Retro, sua la mente dietro le Yeezy Boost 700 Wave Runner e le Yeezy 500 oltre che di molti altri classici. Laureatosi al Massachusetts College of Art and Design, la sua carriera l’ha portato da una parte all’altra degli Stati Uniti, finendo per arricchire i cataloghi dei più disparati brand: dagli esordi in New Balance al lavoro con adidas, fino ai design per Nike e al suo lavoro a fianco di Kanye West. Il curriculum di Smith è una carrellata di modelli iconici e scelte azzardate. Come quando convinse New Balance ad abbandonare il loro celebre grigio in favore del rosso e dell’arancione delle sue Super Comp.
Dai design più classici delle New Balance 1500 e 997 fino a quelli più folli delle Nike Shox Monster, Steven Smith fa parte di quella generazione di designer classici, che è nata e vissuta in un’epoca in cui i bozzetti si disegnavano ancora a matita e il lavoro era lungo e costante, privo di quelle comodità e scorciatoie che nell’epoca digitale noi diamo per scontate. Si definisce un ibrido tra un artista e un ingegnere, forse è anche per questo che Steven Smith può vantare il titolo di “Godfather of Dad shoes” o, come si è definito “le forze speciali di Kanye”. “Ho la mia missione. Mi ci paracaduto sopra. Entro ed esco” aveva dichiarato pochi mesi fa descrivendo il suo lavoro con Kanye e il suo ritorno in Yeezy, un ritorno all’insegna della libertà creativa e della capacità di adattarsi a qualsiasi situazione. Braccio destro di Kanye West, scelto personalmente dal rapper di Chicago anche per la sua attitudine da old white guy. “You stay you bro, that's the sauce you add” gli ha detto Kanye, consapevole di aver davanti una leggenda vivente.
Abbiamo contattato Steven per rivolgergli qualche domanda in questo periodo di lockdown collettivo.
Ciao Steven, dove sei in questo momento e come sta reagendo l’America all’emergenza Coronavirus?
In questo momento sono a casa in Oregon, con la mia famiglia. L’America sta facendo il possibile per isolare ed eliminare il virus e ridurre il suo impatto il prima possibile. Noi intanto rimaniamo a casa.
Vista la portata globale di quella che è stata definita una pandemia, pensi l'attuale situazione imporrà qualche cambiamento nel mondo delle sneakers e in quello della moda?
Non sono sicuro di quante cose cambieranno. Al momento vedo solamente alcuni ritardi nei lanci, ma sul lungo termine potrebbero esserci conseguenze per la Cina in quanto è una quasi-unica fonte di produzione. Il tempo ce lo dirà.
Passando alla tua carriera, puoi raccontarci come hai iniziato questo lavoro?
È buffo, alle superiori facevo parte del team di atletica e indossavo sempre le New Balance. Dopo essermi laureato all’Università sono finito a lavorare proprio per loro. All’epoca eravamo solo io e un altro designer, Kevin Brown. Era incredibile poter lavorare alle sneakers con le quali avevo corso per tanti anni.
Sei in questo business da parecchio tempo, come fai ad avere una costante fonte di ispirazione e dove la trovi?
È ovunque! Nella musica, nell’arte, nell’architettura e in tanti altri prodotti. A volte è semplicemente un’influenza diretta dei miei interessi in un preciso momento della mia vita.
Negli ultimi anni il mondo delle sneakers è esploso, passando da un sottocultura a un vero e proprio fenomeno di massa. Quanto è cambiato il tuo lavoro nel corso degli anni e in che modo?
Sicuramente è cambiato insieme allo sviluppo dell’industria. Rispetto ad oggi quando ho iniziato c’erano molte meno risorse e i materiali erano molto meno sofisticati. Basti pensare che prima dovevamo fare tutto a mano, disegnavo personalmente tutti gli stampi prima che venissero portati in produzione. Adesso abbiamo la possibilità di fare tutto in digitale. E non parlo solo dell’intero processo di design, ma anche di tutte le conoscenze tecniche e ingegneristiche. Tutte disponibili in qualsiasi momento. Se prima bisogna partire ogni volta dall’inizio, adesso il processo è diventato molto più rapido. E poi ci sono molte più persone e aziende coinvolte, mentre quando ho iniziato eravamo solo una manciata di designer. Siamo stati i precursori di quella che poi sarebbe diventata una vera e propria carriera.
Nel corso della tua carriera hai lavorato con tantissimi brand diversi, tra questi spicca senza dubbio Yeezy. Com’è stato e com’è lavorare con Kanye West?
È un momento magico della mia carriera e devo dire che lavorare con un creativo come Kanye è una vera benedizione. È quel tipo di persona in grado di liberare la creatività.
Se ti chiedessi di scegliere tre sneakers tra tutte quelle a cui hai lavorato, quali sceglieresti?
Oh, metterei sicuramente le Reebok InstaPump Fury, le Yeezy 700 Wave Runner fatte con Kanye e poi Nike Crib Mary Jane. Penso sarebbe questa la mia Top 3.
Visto il lungo periodo di quarantena, ci consiglieresti qualche lettura sul mondo della sneakers e della moda per tenerci impegnati? Ma anche musica, film e documentari che stai guardando in questo periodo.
The Sneakers Book di Sneaker Freaker è davvero pazzesco, ma anche Elizabeth Semmelhack ha da poco pubblicato Collab: Sneakers x Culture, un gran bel libro sulle collaborazioni. Per la musica sono in un momento in cui ascolto di tutto. Mi sono buttato sui classici di Eric B e Rakim, ma anche sui Motor City 5. Sto guardando con una certa continuità The Curse of Oak Island, da fan dell’archeologia e della storia lo trovo decisamente intrigante. Anche se ultimamente è un po’ lento.